E’ la campagna elettorale più promettente degli ultimi anni. Da destra a sinistra è una gara all’ultimo sogno: vincere la sfida, giurando di abbassare più tasse, di alzare di più il reddito, di investire maggior denaro a prescindere dal debito pubblico e dagli “stupidi” -diritto d’autore all’allora presidente della Commissione, Prodi-, parametri europei. Secondo i calcoli degli esperti che, come l’economista Carlo Cottarelli, hanno messo in fila uno dopo l’altro i vari Eldorado promessi dai partiti, siamo ormai arrivati a un tesoro di mille miliardi di euro. Qualcosa come due milioni di miliardi di vecchie lire, tanto per dare ancor più l’idea stratosferica di quanto costerebbero le ricette economiche cucinate dalle forze politiche in campo.
Naturalmente, il fumo sovrasta l’arrosto, perché nessuno spiega in che modo concreto nella situazione generale in cui, oltretutto, si trova il nostro Paese (terzo debito pubblico al mondo), sarà possibile il Bengodi. Dilagano, dunque, i bonus e le aliquote uniche dette flat tax, cioè tassa piatta, perché in percentuale essa sarebbe uguale per tutti. Divampano i redditi di cittadinanza e l’Università gratuita per ogni matricola. Dominano la scena l’abolizione della legge-Fornero oppure il ripristino dell’articolo 18. E poi il cuneo fiscale che scende e l’assegno dei pensionati che sale. E quanti sconti, anzi, maxi-sconti in arrivo. Ogni italiano è così coccolato nella sua bella speranza: stavolta il miraggio diventerà realtà. Ogni partito sa come vendere la propria magia all’elettorato di riferimento: e se l’incantesimo fosse vero, se dalla lampada uscisse il genio di Aladino?
Ma l’aritmetica, che è l’arcigno antidoto all’allegra demagogia, smentisce l’abracadabra degli incantatori di serpenti e di conti: dove, come e quanto tagliare per raggiungere cifre equivalenti a pesanti manovre finanziarie? Con quali nuove risorse, e ottenute in che modo, si pensa di rimettere l’economia di gran corsa e l’esoso fisco al posto suo? Mistero. Meno spese e meno tasse per la felicità di tutti, che bello sarebbe. Nell’attesa, tuttavia, il debito pubblico continua a crescere nella stessa ed elevata proporzione delle promesse al vento: di quasi duecentosettanta mila euro per ogni minuto che passa.
All’universale richiamo che viene dalla politica a caccia di belle favole e di seggi reali in Parlamento, mancano i numeri.
E i sogni, ammoniva Montanelli, muoiono sempre all’alba.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi