Sia pure in ordine sparso, gli europei almeno una cosa hanno capito del vulcanico Donald Trump, che una ne dice e cento ne contraddice: meglio prepararsi in fretta a fare da sé.
Se il principale alleato dell’Europa considera il continente “parassita, e da anni” -così il presidente nordamericano ha dichiarato con la solita, ruvida franchezza-, significa che presto la difesa dell’Ue non sarà più affar degli Stati Uniti in buona parte, bensì dei 27 Paesi interessati più il resto dell’Occidente.
Già si prospetta la “borsa di resilienza”, com’è stato battezzato il kit di sopravvivenza messo a punto e illustrato con un video spiritoso dalla commissaria Ue per la gestione delle crisi, la belga Hadja Lahbib.
Una decina di cose, dall’acqua ai soldi in contanti, dagli occhiali alle carte da gioco che non dovranno mancare mai ai cittadini per assicurare la loro autonomia di almeno 72 ore nel caso di gravi crisi conflittuali o climatiche.
Piccole, concrete proposte crescono accanto alle grandi svolte politiche. Come quella in Germania, fino a ieri allergica al riarmo (anche per non allarmare gli altri europei, memori di ben due guerre mondiali scatenate dal mondo tedesco), ma ora pronta a investire, indebitandosi, oltre 500 miliardi nei prossimi dodici anni per rafforzare difesa, sicurezza e infrastrutture. Un piano colossale, sul quale l’ex presidente del Consiglio e della Bce, Mario Draghi, vede un rischio per la Commissione Ue, a sua volta chiamata al progetto da 800 miliardi di Ursula von der Leyen per la difesa: che alla fine la Germania si riarmi, ma gli altri no.
Draghi considera inoltre sbagliato rispondere ai dazi annunciati da Trump con contro-dazi, perché l’Europa “è più vulnerabile” degli Stati Uniti e pure della Cina di fronte a potenziali crisi nel commercio internazionale.
Intanto, dopo una riunione a Palazzo Chigi il governo ribadisce che non invierà soldati italiani in una forza euro-militare in Ucraina. Parteciperemmo, invece, a un contingente dell’Onu per monitorare il cessate il fuoco.
Ma, alla vigilia del “vertice dei volenterosi” oggi a Parigi, i rappresentanti dell’Ucraina non si fidano di caschi-blu per mantenere una pace al momento inesistente. Servono, invece, truppe europee non già per marcare con la loro presenza “che l’Europa c’è”, bensì per essere “pronte a combattere” a difesa del diritto dell’Ucraina a esistere e della sicurezza dell’Ue a rafforzarsi. Nel mentre la Commissione europea “prende atto” delle intese su tavoli separati a Riad fra Stati Uniti, Russia e Ucraina per la navigazione sicura nel Mar Nero. Ma attende di giudicare Mosca “dalle sue azioni, non dalle sue parole, dimostrando la vera volontà politica di porre fine alla sua guerra di aggressione illegale e immotivata”.
Tra spiragli e scorte anti-crisi, fra piani di riarmo e progetti contro i dazi, insomma fra Putin e Trump l’Europa cerca la sua terza via.
Piena di incognite e frutto di strategie nazionali diverse, ma obbligata per non restare fuori dal mondo che verrà. E che con la guerra in Ucraina è già arrivato tre anni fa.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova