Fanno tutto da sé all’insegna dell’autodichia, come si chiama la prerogativa di piena autonomia di cui gode il Parlamento. Loro soltanto, i legislatori, decidono sulle indennità da attribuirsi.
Sull’onda della comprensibile indignazione dei cittadini italiani, i quali sanno bene quanti anni devono lavorare per guadagnarsi il diritto, sempre a più tarda età, della sudata pensione, e sanno pure quanto il trattamento sia ridotto, mortificato, limitato di anno in anno rispetto ai tempi andati, Lorsignori avevano deciso un piccolo cambiamento del privilegio che si sono riconosciuti. Un privilegio chiamato vitalizio.
D’ora in poi, dunque, i parlamentari avrebbero ricalcolato col metodo contributivo, anziché retributivo, il compenso a vita destinato ai colleghi cessati dall’incarico. Di fatto, la diminuzione del vitalizio -sulla base più equa di quanto versato- per 1.270 ex deputati e 724 ex senatori eletti prima del 2012 e ora ricorrenti.
La storica battaglia del M5S, peraltro condivisa in modo trasversale più o meno da tutti i partiti pur fra distinguo e mugugni, ha trovato un compromesso alla Camera. Dove la sforbiciata compiuta, resiste. Almeno finora. A fronte del ricorso degli ex, si è deciso di valutare un taglio più ridotto solo per singoli casi di documentata necessità.
Al Senato, invece, la pratica assegnata alla commissione Contenziosa formata da tecnici e politici, ha appena espresso un verdetto (tre a favore, due contrari) che sarebbe da ridere, se non fosse irritante: il taglio non è possibile per invocate, ma controverse ragioni di costituzionalità, cioè il diritto a mantenere una situazione consolidata. La delibera che, almeno in parte, rendeva il trattamento degli ex senatori un po’ più simile a quello dei comuni mortali, non vale più.
Ma il ribaltone è cosa sbagliata nel momento sbagliato, se si pensa alle difficoltà che vivono milioni di italiani a causa del coronavirus. Altro che il “ridatemi tutto” del Senato, mentre nel resto del Paese i pochi soldi stanziati o promessi dalle istituzioni non arrivano proprio.
Il ritorno al come eravamo suona così indifendibile che, dal Pd a Fdi alla Lega, tutti ora si dichiarano contrari e assicurano che s’appelleranno al secondo e definitivo grado del contenzioso.
Se il Palazzo voleva dimostrare quanto è lontano dalla gente e perché si merita la definizione di “casta”, non poteva dare esempio migliore.
Rispunta il vizio del vitalizio, e quando meno te l’aspetti.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi