La botta non poteva essere più dolorosa: 391 parlamentari contro 242, e la proposta di un’”uscita morbida” dall’Unione europea presentata dalla premier britannica, Teresa May, è bocciata sonoramente, e per la seconda volta alla Camera dei Comuni. Con conseguenze imprevedibili su come avverrà la Brexit: un addio netto, rapido e senza rimpianti né accordi con l’Europa, come propugna l’ala dei senza se e senza ma? (su questa ipotesi si tornerà a votare oggi). Oppure, forse più probabile, un divorzio lento con la richiesta di un rinvio all’Unione? E sullo sfondo sempre l’incognita, peraltro oggi remota, di un futuro ripensamento, come sognano soprattutto gli europei. Fra i quali gli italiani della Gran Bretagna, circa 700 mila; è la più grande comunità fuori d’Italia nel continente.
Intanto, l’effetto politico della Brexit è il seguente: per la prima volta le prossime europee di maggio, che oltretutto coincideranno con i quarant’anni del voto dei cittadini per l’Unione inaugurato nel 1979, si svolgeranno non più con la prospettiva di nuovi Paesi in entrata, come accadeva fra una tornata e l’altra ogni cinque anni, bensì con quella, pur ancora da definire nelle forme, di una nazione in uscita “annunciata”. Quasi a fotografare l’impopolarità crescente verso le istituzioni di Bruxelles, fenomeno dilagante in tutte le lingue, ma ovunque denominato allo stesso modo, cioè populismo, la Gran Bretagna decide di voler salutare alle sue condizioni gli altri 27 Stati.
E sì che Theresa May, la sconfitta, era riuscita a ottenere concessioni dell’ultima ora dall’Ue, per convincere i riottosi alla sua linea ferma, ma prudente (anche all’interno del suo partito conservatore).
Il nodo del contendere è il rischio di un nuovo confine -aperto o rigido?- fra l’Irlanda, Paese membro dell’Unione europea, e l’Irlanda del Nord appartenente al Regno Unito. Con tutti i risvolti di sovranità, di regole doganali e commerciali, di vecchie tensioni che potrebbero riemergere dopo l’accordo di Belfast che nel 1998 aveva posto termine al sanguinoso conflitto fra la comunità cattolico-irlandese e quella protestante unionista. Un nodo che, se non venisse sciolto con chiarezza -questo paventano i contestatori-, finirebbe per inchiodare la Gran Bretagna nell’orbita dell’Europa a tempo indefinito.
Ma al di là delle votazioni a Londra e delle trattative a Bruxelles, delle paure e delle speranze, la realtà è che la Brexit è precipitata nel caos.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi