Il Paese più bello del mondo ha scelto di affidare agli stranieri la valorizzazione di alcuni dei suoi più celebrati musei pubblici. Provinciale esterofilia oppure investimento lungimirante sul patrimonio storico-artistico più vasto dell’umanità? Solo il tempo dirà. Ma intanto la scelta d’aver assegnato sette delle venti direzioni dei principali “contenitori” di arte italiana a professionisti provenienti dall’estero è una sfida temeraria e necessaria, oltre che il frutto di una selezione da un concorso internazionale. Ma la notizia non è che gli studiosi nominati (tre tedeschi, due austriaci, un britannico e un francese), possano avere un curriculum migliore o peggiore degli altri tredici italiani anch’essi prescelti, e quattro dei quali provenienti da importanti esperienze all’estero. Tutti, perciò, di spessore, italiani e stranieri. La novità è nel fatto che, per la prima volta, il concorso è stato aperto anche ai non dirigenti della pubblica amministrazione. E che i venti musei, finora retti quasi sempre da semplici funzionari, ora avranno un direttore di peso. E beneficeranno di autonomia finanziaria, nel senso che ciascuno dei nominati avrà un bilancio di cui dovrà rispondere nel bene e nel male, senza più dipendere dalle sovrintendenze. E, infine, che i venti prescelti avranno quattro anni di tempo per farci vedere di che cosa sono capaci. Se è eccessivo parlare di “svolta”, come ha fatto il ministro Franceschini difendendo la sua decisione (così come eccede Sgarbi, per il quale la scelta di Franceschini “umilia i nostri”), l’esperimento può però diventare una scossa per l’intero e paludato sistema. Quei sette stranieri portano una sensibilità differente, esperienze e conoscenze distinte e distanti dalle nostre, un approccio comunque innovativo. E’ un’opportunità per l’Italia, allora, un po’ di aria fresca per cambiare abitudini. Per denunciare gli scempi, l’indifferenza, la mancanza di civismo e di visione che spesso sono stati l’incrocio mortale fra una politica miope e un’ottusa burocrazia. Sette marziani estranei a quel mondo. Se poi l’esperimento darà buoni frutti, perché non estenderlo al governo? Forse un ministro francese agli Esteri avrebbe evitato la vergogna dei due marò sequestrati in India da tre anni e mezzo. E un ministro tedesco alla Giustizia riuscirebbe, chissà, ad applicare la certezza della pena. E uno spagnolo al Turismo magari saprebbe come farci tornare in cima per numero di visitatori. Passi pure lo straniero, se e quando ama l’Italia più degli stessi e a volte distratti italiani.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi