Delitti e polemiche

Quattro coltellate al buio, nella notte fra il 29 e 30 luglio, a una sconosciuta incrociata per caso a Terno d’Isola (Bergamo) e una confessione che lascia senza parole: “L’ho uccisa tanto per farlo”.

Grazie alle indagini discrete, ma intense di carabinieri che non mollano, e al comportamento encomiabile degli affranti, eppur sempre collaborativi familiari della povera vittima, Sharon Verzeni, la barista di 33 anni che tutta Italia ha imparato a conoscere dal giorno infausto di quella sua solitaria e spensierata passeggiata senza ritorno, ecco la conferma che il delitto perfetto non esiste. Esiste il delitto senza un perché, esiste il delitto dell’incredulità.

Esattamente un mese dopo l’omicidio senza motivo né movente, l’uomo che un video aveva filmato mentre scappava in bicicletta contromano, è stato individuato e fermato. Ha detto d’essere lui l’autore dell’atroce e inspiegabile aggressione, indicando agli investigatori dove trovare l’arma del delitto e i vestiti che indossava al momento della violenza.

L’accoltellatore che non ti aspetti (era uscito di casa con 4 coltelli e prima di colpire Sharon avrebbe minacciato altri due ragazzini), è un disoccupato italiano di 31 anni, già indagato per maltrattamenti a madre e sorella.

Si chiama Moussa Sangare, nato a Milano da genitori della Costa d’Avorio, e tanto basta perché dalla cronaca nera si passi alla polemica politica.

Ad aprirla è la Lega, che col leader Matteo Salvini sottolinea l’“origine nordafricana del cittadino italiano” e ne chiede, “se colpevole, la pena esemplare”. Ancor più duro l’intervento della deputata Laura Ravetta, che si domanda: “Davvero sono questi i nuovi italiani a cui aspiriamo?”.

Ma in realtà di “nuovo” l’italiano Sangare non ha nulla. Salvo diverse informazioni, tutti i suoi 31 anni li ha trascorsi in Italia da italiano. L’unica cosa che ha di africano sono i genitori, e peraltro pure quelli ha molestato, probabilmente soffrendo di gravi problemi psichici che, se accertati, sarebbero di natura universale. E spiegherebbero l’inspiegabile e drammatica vicenda. A volerla dire tutta, si deve, semmai, alla spontanea testimonianza di due stranieri regolari se i carabinieri hanno potuto completare un rompicapo che appariva irrisolvibile, come testimonia il procuratore aggiunto di Bergamo, Maria Cristina Rota: “Sharon s’è trovata, ahimè lei, nel posto sbagliato al momento sbagliato”.

Lo si potrebbe dire anche di questa polemica sbagliata al momento sbagliato, che scatena la reazione del Pd e delle opposizioni: “Frasi orribili, sciacallaggio politico e razzista su un crudele assassinio”. E via di questo passo, ogni parte mantenendo il proprio e contrapposto punto di vista.

Ma, per favore, risparmiateci ogni incursione politica. Poteva essere italiano, straniero o marziano il presunto autore di un delitto per caso, così inaccettabile, così doloroso, così amaro.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova