Sarebbe temerario voler trarre conclusioni politiche dall’ultimo mini-test elettorale, che ha riguardato i ballottaggi in appena 105 Comuni, in percentuale l’1 virgola qualcosa dei quasi 8 mila municipi rappresentativi dell’istituzione più antica e radicata in Italia, e vicina ai cittadini.
Se Firenze e Bari, Cremona, Potenza e Perugia sono andate al centrosinistra, Vercelli e Rovigo, Lecce a Caltanissetta al centrodestra, cioè ognuno ha qualcosa da festeggiare. A conti fatti, più feste tra le opposizioni -spesso in versione “campo largo”-, che hanno preso tutti i 6 capoluoghi di Regione in confronto alla maggioranza. Sempre che questi parametri nazionali valgano pure per elezioni dove i temi e i candidati locali sono per forza prevalenti.
Eppure, c’è un dato unificante, incontestabile e incredibile: ormai persino nella domenica del ballottaggio, che pur decide chi dovrà guidare per 5 anni l’amministrazione del comune grande, piccolo o dal richiamo universale come Firenze in cui si vive, la maggior parte degli italiani preferisce restare a casa.
L’impietosa statistica indica che l’affluenza alle urne è stata del 47,7%, ossia neanche un elettore su due ha esercitato il suo diritto. Che, specie in questo caso, dovrebbe essere anche un dovere di elementare civismo.
Se per giustificare l’astensione già da primato della precedente tornata europea dell’8 giugno (49,69% dei votanti), si poteva argomentare, sbagliando, che Bruxelles appare lontana, non capendo che la politica e le direttive dell’Unione europea decidono il nostro vivere quotidiano almeno quanto il governo e il Parlamento italiani, nel caso dei sindaci è impossibile arrampicarsi sugli specchi.
Se la gente non va a votare nemmeno per l’amministratore della porta accanto, il tema della lontananza dalla politica e dalle sue astrusità non vale più. Al contrario, in appena due settimane il già preoccupante calo dei votanti per l’Europa è continuato, quasi a testimoniare che non sia la posta in gioco -Strasburgo o il mio Comune- a determinare la crescente disaffezione, ma il solo e semplice fatto di votare.
Ce n’è quanto basta per gli studiosi del ramo: capire le ragioni della rinuncia elettorale di massa, valutare fin dove potrà arrivare e che cosa può fare la politica per tornare a essere, se non attrattiva (dal 1948 e per trent’anni di fila votava più del 90% degli aventi diritto e nei successivi 25 anni oltre l’80%), almeno degna di attenzione in cabina.
Altro filone da analizzare: capire se c’è stata una reazione contro l’appena approvata “autonomia differenziata”, che non solo al Sud ha premiato le forze contrarie a tale riforma, cioè il centrosinistra. E che a Firenze ha eletto per la prima volta una donna, Sara Funaro. Il primo suo ringraziamento è stato rivolto ad Elly Schlein, la leader del Pd che può dirsi soddisfatta dal mini-test, ma non dai troppo pochi elettori.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova