Dai ragazzi di via Panisperna alle ragazze di Ginevra: ottant’anni di fisica italiana nell’universo. Dal gruppo dei giovanissimi scienziati che a Roma, negli anni Trenta, collaborarono con Enrico Fermi alla straordinaria sperimentazione nel campo della fisica nucleare, alle giovani scienziate italiane che nel maggiore laboratorio al mondo di fisica delle particelle -il Cern in Svizzera-, hanno contribuito alla recente e rivoluzionaria scoperta del bosone di Higgs. E’ la cosiddetta “particella di Dio”, decisiva per capire la struttura dell’universo: un mistero in meno fra i moltissimi che accompagnano la ricerca, l’osservazione, la socratica consapevolezza del “so di non sapere” che muove da sempre gli scienziati d’ogni epoca e nazionalità.
Ma la “scuola italiana” ha un’antica e moderna tradizione di eccellenza nel campo. Oggi è una donna, l’ormai celebre ma riservata Fabiola Gianotti, a guidare, a Ginevra, il gruppo di donne e uomini italiani e di tanti Paesi che hanno cambiato, col bosone di Higgs, le conoscenze degli ultimi anni. La signora della scienza ha avuto l’onore d’accompagnare il britannico Peter Higgs a ritirare il Nobel che gli è stato attribuito, l’anno scorso, per la teorizzazione che fece nel 1964. E che è stata alla base della lunga ricerca grazie alla quale il gruppo di Ginevra ne ha dimostrato, con l’annuncio ufficiale il 6 marzo 2013, la fondatezza. “La cerimonia del Nobel è stata gioiosa, un evento che ha celebrato la creatività, la determinazione e l’ingegno dell’uomo”, ricorda la Gianotti. Poi racconta del Cern: “ Vi lavorano più di diecimila scienziati provenienti da sessanta Paesi. Un terzo di essi sono studenti di dottorato, e più della metà ha meno di trentacinque anni. In un ambiente così ricco, la diversità in termini di genere, età, etnia, cultura, tradizioni è la normalità. E’ l’elemento di forza”. “Le donne -prosegue- sono in media il venti per cento e questa percentuale cresce fra le giovani generazioni. L’Italia ha storicamente fornito il contingente più ricco di donne nel nostro campo. Molte di loro hanno ricoperto ruoli di grande responsabilità e importanza”. Italiane vincenti a Ginevra, quasi la grande rivincita, all’estero, di tante ragazze e tanti ragazzi troppo spesso non riconosciuti per il loro valore in Italia. Fabiola Gianotti traccia l’identikit del ricercatore italiano che si afferma nelle sfide internazionali: “La sua principale caratteristica è l’eccellente preparazione. Ma si fa notare anche per la determinazione e il coraggio che mette in pratica. L’apporto degli italiani al Cern è rilevantissimo. Dall’Istituto nazionale di fisica nucleare (l’Infn, cioè l’ente di ricerca in questo settore) e dalle Università associate arrivano non solo il più grosso contingente nazionale di ricercatori, all’incirca 1.500 persone, ma anche contributi di notevole spessore e un’altissima visibilità a livello internazionale per tecnologia d’avanguardia e idee, in partneriato strettissimo con l’industria italiana”. La scienziata cita i nomi famosi di Edoardo Amaldi, Carlo Rubbia e Luciano Maiani, tutti protagonisti in tempi diversi della storia italiana al Cern. Quanti studiosi, quanti studenti che sognano fra via Panisperna, le gloriose radici, e Ginevra, la nuova frontiera. Quel futuro della memoria interpretato anche dalla scienziata cinquantunenne quando, studentessa a Milano, amava tradurre le versioni di greco e di latino al Liceo classico prima della laurea in fisica sub-nucleare (e di prendere il diploma di pianoforte al Conservatorio). Quanto conta, allora, conoscere bene la lingua di Dante, la cultura di Leonardo e l’arte di Michelangelo nell’epoca sbrigativa e “globish” dell’inglese cotto e mangiato? “Nel nostro mondo sempre più universale è essenziale avere un linguaggio comune e strategie che trascendono i confini nazionali”, risponde. “Ma è altrettanto fondamentale che ciascun popolo mantenga la propria identità, che si basa su un patrimonio preziosissimo di lingua, cultura e tradizioni. La mia esperienza quotidiana al Cern mi ha insegnato che la ricchezza dell’umanità viene dalla sua capacità di comunicare e scambiare a livello mondiale, pur mantenendo diversità etnica e culturale”.
Visione lontana e sguardo profondo nel lavoro, ma un tratto semplice e lieve nella vita. Fabiola Gianotti non ha cambiato abitudini neanche quand’è finita fra le cinque “persone dell’anno” con copertina speciale sulla rivista americana Time (e il primo era tale Barack Obama). Né quando Forbes, un’altra rivista americana di economia, l’ha inserita fra le cento donne più influenti del mondo. Solo due italiane indicate, lei e la stilista Miuccia Prada. Per caso la Gianotti veste Prada? “Non necessariamente, anche se, come tutti, amiamo le cose belle, vestiti inclusi”, risponde alla battuta. E rilancia: “Io amo soprattutto le scarpe”. Da piccola Fabiola Gianotti leggeva Topolino e cantava le canzoni di Baglioni. “E non solo bambole: giocavo anche a calcio con i miei amici maschi”, ricorda. Dal pallone del cortile al bosone di Higgs, una vera storia italiana.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi