Che si tratti di una sentenza “storica”, come già si commenta con enfasi, è sicuro: per la prima volta la Corte Costituzionale ha deciso che anche il cognome materno può essere anagraficamente attribuito ai figli nati in un matrimonio, se i genitori intendono fare una scelta diversa rispetto all’automatismo che finora assegnava d’ufficio soltanto il cognome paterno. Ma per capire quanto rivoluzionaria potrà essere la novità introdotta dalla Consulta, che ha dichiarato incostituzionale e perciò cancellato la norma dell’automatica attribuzione, bisogna seguire il caso che era stato sollevato.
Il caso, in sostanza, di una coppia italo-brasiliana residente a Genova che aveva richiesto di registrare la nascita del proprio bambino col doppio cognome. Niente di clamoroso, in tutta l’America latina così si fa da decenni: nome del figlio seguito dal cognome paterno e poi da quello materno. Gabriel García Márquez, per intenderci, era figlio di papà García e di mamma Márquez. Se invece fosse nato in Italia, l’autore di “Cent’anni di solitudine” si sarebbe chiamato Gabriel García solamente. Ecco, la coppia italo-brasiliana chiedeva di poter seguire l’usanza sudamericana per il proprio figlio anche qui da noi.
Ma nel nostro Paese, e non l’unico nell’universo, per la verità, prevaleva da sempre una tradizione diversa, da “Autunno del Patriarca”, per citare ancora quel grande scrittore. Patriarcale era la concezione che trasmetteva, di generazione in generazione, le storie delle nostre famiglie. Ma forse -ecco l’intervento della Consulta nelle veci del dormiente Parlamento-, tale tradizione era diventata troppo rigida per il tempo che passa e la società che cambia. Se i genitori concordano nell’aggiungere il cognome materno al loro bimbo, che male c’è? Perché non lasciare scolpito anche il cognome di mamma nell’albero genealogico e soprattutto nel vivere quotidiano? E’ una decisione di buonsenso, che c’entra poco perfino con la battaglia sacrosanta per la parità fra uomo e donna in ogni campo: qui si tratta solo di prendere atto di ciò che la vita ha già sentenziato da secoli, e cioè che la figura materna è incancellabile. In realtà la tradizione patriarcale questo non escludeva affatto: non c’è Paese al mondo in cui le madri abbiano un ruolo decisivo in famiglia e nella comunità come in Italia. Ma ora lo si potrà certificare anche all’anagrafe. Non è una svolta: è, semplicemente, una cosa giusta.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi