Papa Francesco ha evocato l’Inferno per i corrotti e gli schiavisti. Pochi giorni fa il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, invocava l’”alto tradimento” per i politici corrotti. E adesso arriva un’altra bufera dalla Procura di Napoli, che nell’ambito di un’altra inchiesta per ipotesi di corruzione ha indagato il comandante in seconda della Guardia di Finanza, generale Vito Bardi (e arrestato il colonnello Fabio Massimo Mendella con l’accusa di concorso in concussione per induzione).
Ma per misurare lo sdegno degli italiani, bisogna partire dall’onda lunga. L’onda lunga dei trentacinque arresti in Laguna, a Venezia, che ha sommerso perfino quella della “cupola” coi suoi arresti all’Expo di Milano. E che da giorni ha lasciato un segno indelebile: nessuno è più disposto a tollerare che un eletto del popolo rubi il denaro del popolo.
In attesa che la magistratura accerti caso per caso e situazioni differenti tra loro, che si può fare, ora e subito, per voltare pagina? Forse al male estremo della corruzione dilagante si può rispondere con l’estremo rimedio: revocare o sospendere la cittadinanza italiana a quanti risultino condannati in via definitiva dalla magistratura per tangenti. Se rubi il mio denaro, cioè il denaro dello Stato che appartiene a tutti i cittadini, tu non sei più degno d’essere cittadino italiano. A meno che l’imputato restituisca il maltolto alla collettività, indichi i complici e le modalità delle mazzette e si tolga per sempre dalla vita pubblica e politica.
Se il corrotto merita l’Inferno, come dice il Papa, se il corrotto politico dev’essere indagato per “alto tradimento”, come ha detto Renzi, la revoca o sospensione della cittadinanza è quasi un atto dovuto. Significherebbe, oltretutto, che ciascuno di noi non è “italiano” a prescindere e qualunque cosa succeda, ma deve guadagnarsi ogni giorno questo meraviglioso diritto anche col dovere della rettitudine. Un dovere facile, peraltro: l’onestà è patrimonio comune, diffuso e condiviso a tutti i livelli sociali, anche se “esercitato” in silenzio e in solitudine. Nessuno si vanta di essere onesto: semplicemente lo è.
La cittadinanza, dunque, divenga non un valore bollato all’anagrafe, ma un valore civico e civile espresso nella vita. L’importante riforma della Costituzione all’esame del Parlamento può essere l’occasione per questa svolta mentale e culturale: italiani non si nasce soltanto, ma si diventa soprattutto. E così come la cittadinanza potrà essere tolta agli “alti traditori” di Stato si potrà, all’opposto, attribuirla a persone come Lokman e Saliou, bambini di nove anni d’origine rispettivamente marocchina e senegalese, che a Bergamo, come riportato del Corriere della Sera, hanno salvato un bimbo di cinque anni, Hatim, colpito da una scarica elettrica in un parco. La scuola pubblica ha insegnato loro che fare in una eventuale e simile disgrazia, e loro l’hanno fatto.
Come nell’essere probi, anche per aggiornare l’italianità della Costituzione basta poco. Basta prevedere che la cittadinanza italiana possa essere revocata, sospesa o, al contrario, attribuita secondo le modalità disposte da una legge successiva. Magari riconoscendo al presidente della Repubblica questa facoltà (che in parte ha già), allargandola, però, sulla base delle sentenze della magistratura nei casi di delittuosa corruzione, e dei comportamenti esemplari di tanta e bella gente che non ce l’ha ancora.
Ridefinire, allora, l’onere e l’onore d’essere italiani: persone perbene che non rubano, e che all’occorrenza sanno fare la cosa giusta.
Pubblicato su Il Messaggero di Roma