Vietato perdere tempo. Per non vanificare il grande sacrificio fatto nella prima e travolgente ondata del coronavirus, sacrificio che ci ha portato a essere, oggi, il Paese d’Europa che meglio si presenta al crudele ritorno della pandemia, bisogna riproporre lo stesso senso del dovere già dimostrato in primavera. Quando la lotta al male sembrava impari e si presentava drammatica.
Mentre in queste ore Francia, Spagna, Gran Bretagna e in parte la Germania si trovano a fare i conti con un devastante aumento dei contagi e tornano a imporre confinamenti, restrizioni e chiusure dei locali, il nostro governo è alle prese con una misura meno drastica, ma altrettanto necessaria: l’obbligo di mascherine all’aperto in tutta Italia. Guai ad adagiarsi sull’attuale situazione meno preoccupante rispetto agli altri europei, ma che registra -con il crescente numero dei positivi e dei decessi in proporzione ai tamponi fatti-, un allarme per tutti.
Torna, così, a riunirsi il Comitato della Protezione civile presieduto da Angelo Borrelli e diventato familiare agli italiani nei giorni dell’emergenza. E l’esecutivo, mentre prepara il nuovo Dpcm e altri testi, ne illustra i contenuti alle Regioni per poi sottoporli alle Camere.
“Nessuna intenzione di chiudere bar e ristoranti né di introdurre un coprifuoco”, dice il presidente del Consiglio, rivolto a quei governatori -dal ligure Toti al laziale Zingaretti- contrari all’ipotesi. Ma, se lo scenario dovesse aggravarsi, sarebbe difficile escludere chiusure selettive. E allora, per non richiudere tutto, l’unica alternativa è fermare i contagi. Ecco perché l’uso della mascherina è la tranquilla arma di massa contro il peggioramento. Purché si rispetti l’obbligo di portarla, e si sanzioni chi continuerà a non prendere sul serio questo piccolo sacrificio che i virologi, prima ancora dei governanti, sollecitano nell’interesse personale e generale.
Dunque, arrivano nuove decisioni uguali per tutti, mettendo fine al balletto delle ordinanze creative di questa o quella Regione.
Nella seconda fase dell’epidemia il cambio di marcia che si richiede alla politica è di passare dall’infantile conflitto fra istituzioni alla leale cooperazione fra Stato, Regioni e Comitato tecnico-scientifico.
L’unità d’intenti fra tutti coloro che esercitano pubbliche responsabilità è un buon viatico per i cittadini ora chiamati a mascherarsi per difendersi dal male invisibile.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi