E’ una prima volta anche per i vaccini, chiamati ad affrontare di corsa -in pochi mesi, anziché in alcuni anni- una pandemia del tutto nuova e molto grave per l’umanità. Contagiosissima, oltretutto.
Perciò non si può pretendere che si risolvano subito gli effetti di un’epidemia fino a ieri sconosciuta perfino a scienziati e virologi.
Ma il tira e molla che s’è scatenato prima su AstraZeneca e ora su Johnson&Johnson disorienta i cittadini. Che solo una cosa possono fare: fidarsi di quel che decidono le istituzioni. Ma anche la fiducia va e viene, se un vaccino è prima distribuito e poi fermato. Oppure consigliato ai più giovani o -contrordine- ai più adulti e anziani.
Le scene già vissute con AstraZeneca, da alcuni Paesi ritirato, da altri e più numerosi, Italia compresa, invece avvalorato, rischiamo di riviverle con Johnson&Johnson, da noi atteso con speranza (le prime dosi sono già arrivate) nelle stesse ore in cui gli Usa lo sospendono per sei casi rari di trombosi. E l’Europa ne rinvia le consegne. Senza poi dire che la protezione del vaccino cinese in altre aree del mondo è stata appena ridimensionata dagli stessi cinesi.
L’eccesso di prudenza non è mai troppa, quand’è in ballo la salute universale: ben vengano ulteriori controlli sulla base dell’esperienza, cioè dei casi concreti delle persone.
Ma i sorprendenti dietrofront in attesa di più rigorose verifiche, non cambino la direzione di marcia: solo con la vaccinazione usciremo dall’incubo. Guai se la confusione alimenta il pregiudizio no vax, anziché la necessità di punture sicure ed efficaci per tutti. Con la stessa possibilità di accedere al proprio turno su tutto il territorio nazionale. Anche qui basta pasticci. Se la decretata priorità è per gli anziani, e non una lotta e lotteria fra chi è più bravo a farsi largo come categoria, lo Stato la faccia rispettare.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi