Prima ancora che i numeri, ci pensa la cronaca a ricordarci che siamo già entrati nella seconda e non meno grave fase della pandemia. Mentre le stime economiche a Bruxelles confermano la già nera tendenza indicata dal Fondo monetario per l’Italia, con un crollo del pil del 9,5 per cento nel 2020, a Napoli un imprenditore di 57 anni non regge il peso della recessione e s’impicca nel suo piccolo capannone di periferia. “Una notizia dolorosa”, commenta il premier, Giuseppe Conte. Ma non è l’unica, anche se è la più drammatica.
A Milano ristoratori e commercianti improvvisano una protesta contro la crisi con sedie vuote messe in piazza a debita distanza (“se apriamo, falliamo”, dicono i cartelli, e non è un paradosso), ma vengono multati con 400 euro per divieto di assembramento. Questo sì che è un paradosso per chi implora aiuti per ripartire e invece, oltre al danno, riceve pure la beffa. Né si contano le mobilitazioni di parrucchieri che hanno già preso ogni misura di sicurezza e chiedono di poter riaprire.
Si chiama lavoro l’emergenza al tempo del coronavirus, che continua a colpire (ieri è salito il numero delle vittime) ma in un contesto migliorato: il sacrificio di un’intera nazione sta dando i suoi frutti.
Ma perché questi frutti siano davvero maturi, non basta la responsabilità dei cittadini. Sono le istituzioni che ora devono intervenire subito con misure straordinarie. Indennizzi a fondo perduto alle imprese, bonus per le famiglie, prestiti a tasso zero garantiti dallo Stato: perché ciò che è già realtà dalla Svizzera alla Germania, dall’Inghilterra alla Francia qui fatica a diventare concreto o si perde nel solito conflitto ideologico se sanare o no i migranti? Perché gli Usa danno 1.200 dollari a ogni bisognoso e il pur indebitato Giappone 855 euro a tutti e gli italiani devono attendere i tempi di una burocrazia borbonica? Siamo figli di un Dio minore o solo di una politica che stenta a trasformare la crisi in opportunità di rinascita?
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi