Mentre a Roma si discute sul da farsi, con l’immancabile divisione nel governo fra chi vuole una linea più dura e chi la preferisce ancora morbida, anche il virus ha già fatto il suo giro d’Italia. A sorpresa, cento professori e scienziati, che a differenza dei politici non hanno paura dell’impopolarità e che magari della materia pandemica ne capiscono anche di più, inviano un’accorata lettera a Palazzo Chigi e al Quirinale: servono misure drastiche “nei prossimi due o tre giorni”, altrimenti fra tre settimane arriveremo “ad alcune centinaia di decessi al giorno”.
Ma l’appello della scienza per evitare il rischio della strage arriva nel massimo momento di confusione politica e istituzionale. Neppure all’epoca della prima e drammatica ondata dell’epidemia con relativo confinamento s’era visto il caos di queste ore. Coprifuoco e restrizioni, lezioni a scuola oppure a distanza, mobilità limitata e, di nuovo, autocertificazoni: ogni Regione sta adottando misure diverse a seconda dei contagi ma, soprattutto, in assenza di una scelta chiara e univoca a livello nazionale pur da tutti reclamata.
“Siamo a un passo dalla tragedia”, lancia l’allarme Vincenzo De Luca, presidente della Campania. “Il virus dilaga, stiamo per avere la battaglia di Milano”, avverte l’infettivologo Massimo Galli.
Il governo ripete di voler scongiurare una chiusura generalizzata, in attesa di vedere come evolverà la situazione. Ma intanto Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore della sanità, invita gli italiani a “restare a casa” a fronte degli oltre 19 mila positivi registrati nelle ultime ore con un indice di contagio già da luce rossa.
Non è il tempo della polemica, che pure verrà per scoprire come sia stato possibile vanificare così tanto -il grande sacrificio compiuto dai cittadini- in così poche settimane. Adesso, però, è il tempo delle decisioni per tutelare il diritto alla salute e salvaguardare il diritto al lavoro. Non è materia di scienza solamente: è un indirizzo politico e normativo uguale in tutto il Paese ciò che si richiede. Per rispettarle, la gente deve sapere quali sono le nuove regole -poche, chiare, efficaci- per fermare la pandemia prima che sia troppo tardi.
Se invece il Palazzo temporeggia o si divide accademicamente fra tamponi e tracciamenti, anziché abbreviare subito le code indecenti per poter fare gli accertamenti, il male continuerà a divampare per colpa della terza e più insidiosa ondata: quella dell’incertezza.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi