Forse i partiti non se ne sono accorti, ma il coronavirus sta diventando anche l’invisibile confine tra vecchio e nuovo modo di fare politica.
Prima dell’epidemia alcune virtù come la coerenza tra il dire e il fare o il comportamento lineare rispetto agli impegni presi con gli elettori, suscitavano fastidio o indignazione fra la gente, ma anche impotenza: impossibile cambiare quelle brutte e annose abitudini.
Ma i 40 giorni da consapevoli reclusi in casa e l’impegno mai troppo elogiato di medici e infermieri, farmacisti e poliziotti, volontari e lavoratori al supermercato, cioè di quanti hanno tenuto la luce dell’Italia accesa nelle ore più buie della pandemia, stanno modificando molte cose. Anche il modo di guardare, oggi, alla politica.
Quella sobrietà, quel mantenere la parola data -per esempio non uscendo dalle nostre abitazioni-, quell’ascoltare le conferenze-stampa del premier Giuseppe Conte con l’unico intento di capire gli eventi e perciò di pretendere da lui la verità e nient’altro che la verità, sono già il sale che contamina non solo il civismo ritrovato, ma anche la politica ancora lontana. I tatticismi, le furbizie, i dispetti o trabocchetti fra maggioranza e opposizioni si candidano alla preistoria. Ora dalla classe dirigente tutta si esige la stessa serietà dimostrata dagli italiani.
Ecco perché, se in Italia si proclama “l’eurobond o morte”, e si dice a Conte che guai a lui se al Consiglio europeo del 23 aprile non si farà paladino di questa madre di tutte le nostre battaglie, poi nel Parlamento europeo non si può recitare l’opposta parte in commedia. Come invece hanno fatto Lega e Forza Italia, votando contro un emendamento dei Verdi che andava proprio nella direzione auspicata dall’intero arco parlamentare in Italia, e contribuendo ad affossarlo.
Siamo al solito facciamoci del male. Stravaganti pure le divisioni sul Mes tra Pd ed eurodeputati M5S, a loro volta divisi sul voto finale per le misure anti-crisi approvate a Strasburgo. Follie italiane: ciascuno per la strada della sua fazione, anziché unire le forze per la nazione. Ma quant’è bella la rissa casalinga.
Certo, gli euro-onorevoli avranno le loro ragioni per arrampicarsi sugli specchi degli eurobond sollecitati in patria e bocciati all’estero.
Ma forse non vedono il volto di un Paese che, sull’onda del grande sacrificio di ospedale in ospedale e di casa in casa, non è più disposto alle disinvolture da vecchia politica al tempo del coronavirus.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi