A parte la mascherina, che è già il nuovo abbigliamento più in voga nell’amaro tempo del coronavirus, tutto il resto sarà diverso nella ripresa alle porte. Cambierà in nome della sicurezza per la salute e per evitare l’indietro tutta di una ricaduta devastante. Per parafrasare Totò, nella “fase 2” il nostro limite avrà bisogno di molta pazienza.
Bisognerà rallentare le lancette dell’orologio. Per andare in banca a turno o per salire sull’autobus venti passeggeri alla volta e seduti (non più in piedi) a un paio di metri di distanza l’uno dall’altro, occorrerà ricalcolare la giornata. Quel che accadeva in mezz’ora prima del virus, potrebbe far perdere l’intera mattinata dal 4 maggio in poi.
Graduale ritorno al lavoro e alla normalità, annunciano le autorità, mentre studiano le misure necessarie per proteggere la vita e rialzare l’economia. Talvolta misure cervellotiche: sarà davvero possibile “sanificare” ogni volta i vestiti che uno si prova al negozio o al grande magazzino? Avrà senso richiedere a un sessantenne di aspettare ancora un po’ prima di rompere le pur comode catene di casa per tornare a rivedere il sole, e non soltanto le stelle? E l’uso dei plexiglass negli aerei, negli uffici (anche in spiaggia, pare) per separare contatti e contagi diventerà la nuova arma contro l’invisibile nemico? Se sì, allora occorrerà rivedere l’approccio coltivato per anni nei confronti della plastica, persino tassata pur di scoraggiarne l’utilizzo. Contrordine, sembra: l’importante sarà disfarsene in modo corretto.
Tutto cambia nel nuovo mondo all’orizzonte. Ma padri e soprattutto madri (al solito, le più penalizzate) continueranno a fare i salti mortali: come potranno tornare presto al lavoro coi figli che invece resteranno a casa, se le scuole non riapriranno prima dell’autunno?
Dunque, sarà utile prendere spunto dalla ripartenza per scuotere l’Italia al meglio, non per confonderla o burocratizzarla. Protezioni al massimo e digitale per tutti -lo stiamo già sperimentando come mai-, ma anche forti dosi di buonsenso. Che è la rivoluzione più grande.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi