Sii breve, che un discorso lungo “non può mai dar piacere”. Parlando per più di tre ore in risposta a ben 42 domande, Giorgia Meloni non sembra aver dato ascolto alle raccomandazioni che si leggono nel Don Chisciotte. E così in quel mare di parole, pur espresse con chiarezza e determinazione, più volte è ondeggiato il tradizionale incontro con la stampa di fine anno -spostato ad inizio d’anno per ragioni di salute della premier- promosso da sempre per “fare un bilancio” sul governo.
Il contesto della durata da primato per la conferenza di Palazzo Chigi ha prevalso sul contenuto, e la politica ha finito per dominare sul “bilancio”: di fatto è già iniziata la campagna elettorale per le europee di giugno. Come hanno subito testimoniato le reazioni favorevoli della maggioranza e ostili delle opposizioni, che hanno accusato la presidente del Consiglio di “bugie e propaganda”. Tutto come previsto, al punto che è lecito domandarsi perché sia stata sprecata l’occasione per fare davvero le pulci all’esecutivo, e perché a sua volta Giorgia Meloni non abbia indicato con precisione che cosa abbia fatto di diverso dai suoi predecessori, e che cosa intenda fare nell’anno che vedrà l’Italia anche alla guida del G7.
E allora, ciò che si può dire sulla conferenza che ha detto poco in barba alla sua durata, è che Giorgia Meloni ha confermato d’avere in pugno l’alleanza politica. E che il suo governo non corre pericoli.
Ma la stabilità non dipenderà dall’esito del voto europeo (che, salvo terremoti, rispecchierà più o meno gli attuali equilibri), né dalla fragilità di un’opposizione divisa e con Elly Schlein, leader del principale partito, il Pd, in difficoltà. Ciò che diventerà il vero banco di prova per la maggioranza sarà l’andamento dell’economia: i numeri inchiodano le parole.
Se non c’è crescita, gli italiani ne chiederanno il conto al governo senza più alibi: ha potuto fare ciò che voleva nel pieno della sua attività. Dall’attuazione del Pnrr agli indici sul lavoro, dagli investimenti all’attenzione alla sanità e alla scuola, dalla capacità di sburocratizzare per intraprendere alle sfide sul fisco e le privatizzazioni: su tutto ciò il governo-Meloni dovrà dare risposte non al microfono dei giornalisti, ma alle richieste dei cittadini. Senza poi dimenticare l’immigrazione e la sicurezza, temi cari al centrodestra, ma dai risultati finora deludenti.
Nel 2024 il governo dovrà “far parlare” i fatti. E dai fatti sarà giudicato.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova