Nel secondo dopoguerra e per molti anni regnò il silenzio. Col passare del tempo si cominciò a parlare di Olocausto. Infine e dal 2005 per decisione dell’Onu s’istituì il “Giorno della memoria” da commemorare il 27 gennaio, quando alle 8 del mattino del 1945 soldati dell’Armata Rossa entravano e liberavano il campo di concentramento e di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau.
Se ci si attenesse alla cronaca temporale di quanta consapevolezza storica e politica l’umanità abbia acquisito anno dopo anno sulla tragedia senza precedenti subìta da ebrei di ogni nazionalità dalla fine degli anni Trenta e nel corso dell’intero conflitto mondiale -tragedia che non a caso oggi è definita col nome ebraico di Shoah, “catastrofe”-, gli ottant’anni ricordati ieri in Italia e nel mondo dovrebbero apparire lontani. Qualcosa di troppo unico e irripetibile per il mondo civile, che a fronte di quel genocidio giurò, infatti, il suo “mai più”.
Invece il 7 ottobre 2023 la strage degli innocenti in Israele ad opera di Hamas è stata animata dallo stesso furore antisemita dei nazisti negli anni Quaranta del Novecento e dall’identica disumanità.
Invece la senatrice della Repubblica, Liliana Segre, probabilmente una delle donne e nonne più miti che il nostro tempo conosca, non può uscire di casa né esprimere il suo libero pensiero, che è frutto di una bambina di 13 anni deportata ad Auschwitz e sopravvissuta, cioè frutto della sua vita, senza che qualcuno, specie nascosto o mimetizzato dall’anonimato delle reti sociali, la insulti o la minacci.
“L’antisemitismo, che c’è sempre stato, oggi è manifesto”, ha detto la senatrice. Una verità sconcertante, ma innegabile. Lo sanno i molti reali, capi di Stato e di governo che, come il nostro Sergio Mattarella, hanno partecipato alla cerimonia proprio ad Auschwitz in omaggio alle vittime. Lo sanno, perché ondate di antisemitismo imperversano perfino in casa, la casa della nostra Europa.
E allora vien da chiedersi: se tutto il mondo conosce perfettamente il significato della parola “Auschwitz”. Se l’antisemitismo è diventato un crimine anche per molte legislazioni, e non solo per la Storia. Se montagne di documenti, di libri rigorosi e di film commoventi, di nomi e cognomi di chi non è più tornato dai Lager, di racconti riferiti dai testimoni e di ammissione degli stessi carnefici non bastano per onorare il “mai più”: che si deve fare per tramandare la tremenda verità? Perché il Giorno della memoria sia l’ultimo e drammatico monito per un futuro che seppellisca per sempre i crimini contro l’umanità? Perché l’odio, la barbarie e la volontà di annientare diventino un tabù per tutti gli esseri umani a ogni latitudine?
“L’orrore dello sterminio di milioni di persone ebree non può essere né dimenticato né negato”, ha sottolineato Papa Francesco. La Shoah fu “un abominio condotto dal regime hitleriano, che trovò la complicità anche di quello fascista”, ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Come sradicare l’“antisemitismo manifesto”: è questa la priorità dei governi, ottant’anni dopo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova