Quando la giustizia è chiamata a cercare la verità su un disastro, come quello dell’incredibile e drammatico scontro fra i due treni in Puglia martedì scorso (ventitré passeggeri morti e cinquanta feriti), la distinzione è decisiva: bisogna individuare tutti i responsabili, dal primo all’ultimo, non il facile capro espiatorio. E attenzione. Come dice lo stesso Francesco Giannella, il procuratore capo di Trani, “parlare di un errore umano è corretto, ma assolutamente riduttivo”.
Tuttavia, l’aria che già tira nel nostro Paese, che tira sempre a fronte di eventi “che non dovevano succedere” -secondo la rituale ma tardiva indignazione di troppi a tragedia avvenuta-, è purtroppo un’altra. E’ quella di prendersela intanto e soltanto con un paio di capistazione, i primi e inevitabili indagati. Ma il loro gesto di alzare o no la paletta verde per far partire i convogli al momento giusto, e la diligenza nell’aver comunicato fra loro la cosa per telefono quando dovevano, non possono bastare per rispondere al vero interrogativo: come è possibile che, nell’Italia capace di mandare per sei mesi nello spazio Samantha Cristoforetti, confermando un’eccellenza anche nel mondo del trasporto e della comunicazione, sia possibile morire su un binario unico per colpa della paletta di un capostazione confermando così l’opposto, la cronica incapacità politico-istituzionale di ammodernare strutture e stazioni al passo dei tempi? Volare tra le stelle, ma cadere fra le rotaie. Inventare tecnologie per dialogare in tempo reale dallo spazio alla Terra e poi affidarsi al fischietto di un ferroviere. Che può certo aver sbagliato dopo venticinque anni di onesto e solitario lavoro, come testimoniano i pur sconvolti colleghi. Ma il punto non è solo il gravissimo errore imputabile al capostazione di turno. Il punto è che non si doveva lasciare il controllo di una linea ferroviaria a lui solo. Tutta l’alta velocità si basa sul principio ben diverso: l’uomo accompagnato e, se del caso, frenato dalla tecnologia. Il controllo di treni che trasportano milioni di persone in continuazione è affidato a più livelli di sicurezza, mai al singolo. E allora, se il binario unico non va più bene, perché magari cinquant’anni dopo i treni passano ogni quindici minuti, anziché ogni tre ore, si raddoppia la linea.
Si scoprano anche le responsabilità di chi doveva fare, investire, costruire, prevedere, ma nulla ha fatto. Guai a dare tutta la colpa al solo capostazione, da qui alla prossima fermata.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi