Se anche coi simboli si alimenta il futuro della memoria, l’elezione del presidente del Senato non poteva essere più emblematica: nell’anno che fra pochi giorni, il 28, ricorderà il centenario della Marcia su Roma, cioè i primi passi del fascismo, un mazzo di rose bianche e due baci sulla guancia di Liliana Segre da parte di Ignazio La Russa segnano non solo il passaggio di consegne e di poltrona fra la presidente provvisoria di Palazzo Madama e quello eletto per l’intera legislatura, ma anche la fine di ogni possibile equivoco da parte dell’esponente storico di una destra che faticava a celebrare il 25 aprile.
Invece, La Russa ha definito la senatrice a vita e testimone dell’infamia delle leggi razziali del ’38 di cui lei stessa, bambina espulsa dalla scuola elementare, subì le drammatiche conseguenze, “presidente morale” dell’assemblea, condividendone l’emozionante intervento “parola per parola”.
E alla sfida lanciata da Liliana Segre, che s’è chiesta perché mai “dovrebbero essere vissuti come date divisive, anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno”, La Russa ha risposto: quelle ricorrenze “vanno celebrate da tutti”. Citando poi un discorso dell’ex presidente della Camera, Luciano Violante, che esortava alla coesione nazionale e “a costruire la Liberazione come valore di tutti gli italiani”.
Dunque, una seduta che poteva passare alle cronache all’insegna della contrapposizione fra due persone e due mondi così diversi fra loro, in realtà ha visto più momenti di unità che non di polemica. Nessun contrasto fra Segre e La Russa, più volte applauditi dall’intero emiciclo.
Paradossalmente, l’unico scontro s’è registrato all’interno degli schieramenti: Forza Italia che non ha votato per La Russa per ripicca al “no” di Giorgia Meloni su richieste di Berlusconi per il governo. E le opposizioni che, per converso, si sono rinfacciate i 17 voti determinanti andati a La Russa, eletto al primo colpo.
Manovre di Palazzo, che però non hanno condizionato la prima giornata della nuova e diciannovesima legislatura. I partiti litigano, ma l’istituzione del Senato si conferma più forte di ogni contesa a fronte dei gravi problemi che già si addensano all’orizzonte.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi