Non poteva esserci gesto più importante per ricordare agli italiani e al mondo da che parte sta il governo nella guerra di Putin contro l’Ucraina.
Come aveva fatto Mario Draghi nel celebre viaggio in treno assieme a Scholz e Macron con destinazione Ucraina, anche Giorgia Meloni ha passato dieci ore nella carrozza che di notte dalla Polonia la portava a Kiev per poter dire di persona al presidente Zelensky, e proprio alla vigilia del primo anno di conflitto, queste parole: “La lotta dell’Ucraina è come il Risorgimento italiano: non tentenneremo”.
Una visita speciale, perché la presidente del Consiglio ha voluto farsi accompagnare pure a Bucha e Irpin, i luoghi dell’orrore che l’hanno commossa. Ora non devono esserci più equivoci. Neppure a fronte delle infelici uscite filo-putiniane di Berlusconi, “a lui non hanno mai bombardato casa o ucciso i parenti”, ha commentato, gelido, Zelensky. Niente più ambiguità neanche rispetto alle almeno iniziali esternazioni dell’altro alleato, Salvini, o all’ultima posizione trasformista dell’oppositore Conte: Roma resta a fianco degli aggrediti e dell’Occidente, seguendo con convinzione la linea tracciata da Draghi.
Dunque, segnale decisivo per la politica estera di un grande Paese europeo che è chiamato a schierarsi con chiarezza e lealtà.
Nel caso dell’Ucraina invasa e investita da una tempesta di fuoco e di sangue dal 24 febbraio 2022, il torto e la ragione non si possono confondere sotto la nebbia della diplomazia. Neppure alterare politicamente per lisciare il pelo alla parte di opinione pubblica pronta a sorvolare sui crimini di Putin (per i quali da più parti s’invoca un tribunale) pur di arrivare alla fine del conflitto. Tutti in Europa vogliono la pace, ma nessuno la semplice resa della vittima al suo violento aggressore.
Nelle stesse ore in cui Biden da Varsavia elogiava la resistenza di Kiev, sottolineando che stavolta “il mondo non si è voltato dall’altra parte”, e mentre Putin tornava a evocare la minaccia nucleare, Giorgia Meloni ha detto che l’iniziativa di pace dovrà partire da Zelensky. E che l’Italia sta lavorando a una conferenza sulla ricostruzione prevista in aprile.
Anche questo è scelta politica: dedicare ogni sforzo per dar vita a un negoziato, “ma fino ad allora daremo ogni supporto militare, finanziario e civile”. Una pace giusta, ecco come far finire la guerra.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi