Prossima fermata, il voto d’autunno in Sicilia. Ma per arrivare all’ultima e più importante destinazione delle elezioni nazionali fra meno di un anno -primavera 2023-, i partiti vanno a lezione del voto amministrativo. Lezione severa per il centrodestra: al ballottaggio ha subìto la rivincita del centrosinistra rispetto al primo turno.
Tutti e tre i leader -Salvini, Meloni e Berlusconi- attribuiscono la sconfitta di domenica alle troppe divisioni fra loro. “Solo uniti si vince”, è il mantra ripetuto per evitare gli errori di Verona o Catanzaro, dove i dissidi fra i candidati alla poltrona di sindaco hanno portato a liste separate, aprendo il campo al successo degli avversari.
Ma la riflessione non può ridursi ai litigi locali. La divisione che agita il centrodestra non è di tipo personale, bensì politico, e riguarda questioni di interesse nazionale. A cominciare dal governo, di cui fanno parte Lega e Forza Italia, ma non Fratelli d’Italia che è all’opposizione. Altra divisione di rilievo fu il Quirinale: Salvini e soprattutto Giorgetti erano per Mario Draghi, Berlusconi e Meloni no. E poi la guerra, tema sul quale la destra di Fdi spesso è più in sintonia con la posizione rigorosa di Draghi di quanto non lo sia Salvini, contrario a mandare nuovi armi all’Ucraina aggredita e pronto a volare a Mosca “per la pace”. Ancora divisioni sulla pandemia, dove l’approccio del governo sugli obblighi -carta verde e vaccino per gli adulti- andava bene a Forza Italia, ma non agli altri due.
Dunque, la scelta non sarà tanto sul leader dell’alleanza (Salvini o Meloni), ma da quale parte stare sui grandi problemi e per fare cosa.
Lo stesso confronto si presenta al Pd, che il voto ha consolidato come colonna portante del centrosinistra. L’idea del “campo largo”, indispensabile per aspirare a vincere con una legge elettorale che per il 37 per cento prevede collegi uninominali, non può allargarsi a tutti. Cinquestelle e terzo polo di Calenda e Renzi si escludono a vicenda, perché si contrappongono sui grandi temi già citati come divisivi per il centrodestra. E poi intesa del Pd con Conte o con Di Maio?
La realtà è che con l’arrivo di Draghi a Palazzo Chigi e col nuovo ruolo dell’Italia anche a livello internazionale la politica dei partiti è costretta a reinventarsi programmi, obiettivi e alleanze.
Dal senso del governo di “unità nazionale” non si torna più indietro. La guerra, la crisi energetica e le difficoltà nella ripresa impongono scelte all’insegna dell’unità e della responsabilità. E’ questa la sfida per tutti.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi