Da quando la pandemia ha fatto riscoprire il senso dello Stato, c’è un compito nuovo che i cittadini reclamano al governo: la capacità di reagire in tempo. L’emergenza sanitaria e la ripresa economica ora insidiata dal costo dell’energia alle stelle hanno mandato in soffitta il teatrino dei “tavoli” convocati, in passato, per accontentare le parti senza mai decidere niente. Adesso il rapporto s’è paradossalmente ribaltato: sono i rappresentanti del mondo produttivo colpiti dagli aumenti a “convocare” i ministri per chiedere misure a salvaguardia non solo delle aziende in difficoltà, ma dell’interesse nazionale. Perché, se le locomotive della Lombardia e del Veneto frenano l’incoraggiante -anzi, prorompente, secondo dati e stime- ripartenza, è l’Impresa Italia a rallentare la corsa sui binari.
Dunque, prossima fermata Palazzo Chigi, dove domani il grido di dolore degli esponenti della filiera produttiva sarà ascoltato in video-conferenza dal ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Peraltro, lui stesso ha già detto “la tempesta energetica è arrivata”.
Per il Consiglio dei ministri in vista il giorno successivo si profila un decreto -ma potrebbero essere due- con misure per risarcire, forse in proporzione alle perdite fatturate, il settore del turismo e del ristoro (2 miliardi). E, soprattutto, per sostenere imprese e famiglie contro la batosta energetica: altri 4 miliardi per caro bollette e inflazione.
L’intervento del governo potrebbe portare all’emissione di obbligazioni per pagare gli incentivi per le rinnovabili che ora toccano ai consumatori. E una nuova tassazione sugli extra profitti delle società energetiche frutto, appunto, dei sorprendenti rincari.
Comunque sia, queste o altre soluzioni dovranno porsi l’obiettivo di assecondare il lungo viaggio del convoglio industriale che si muove dal Nord, e che è solo agli inizi. Al tempo della pandemia senza fine e dell’economia sali-scendi non è sufficiente resistere: bisogna anche saper coltivare con rigore e inventiva la stagione della Ricostruzione.
E allora, reagire in tempo per il governo significa non vanificare l’impegno di cittadini, famiglie, aziende. Un patto di reciproca fiducia che è il patrimonio più prezioso per rinascere, come nel dopoguerra.
Ma stavolta niente “miracolo”: basta che lo Stato tuteli con accortezza e accompagni con efficienza l’intraprendenza degli italiani. Che sapranno, come sempre, dare il meglio di sé.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi