E’ trascorsa appena una settimana dall’addio della Gran Bretagna all’Europa, ma tutto sembra già tornato come prima. Come se il passaggio dell’uragano Brexit non avesse sconvolto per sempre il panorama politico dell’Unione dei ventisette. Numero che ormai prevede il “meno uno” degli inglesi, usciti dalla porta col referendum, eppur pronti a rimanere alla finestra dell’istituzione, paralizzandola. Non se ne andranno, finché i leader dei loro partiti non avranno risolto il regolamento di conti in pieno e violento corso: anche la più antica e amabile democrazia del continente dimostra, così, quanto si sia squalificata quella grande politica che un tempo coltivava visioni e condivisioni con personalità capaci di guardare lontano.
Invece ora, mentre gli inglesi antepongono persino le loro beghe all’interesse degli europei di ripartire subito con forza e chiarezza dopo aver appreso la lezione d’oltre Manica, ecco che nell’Unione è di nuovo polemica sul ruolo delle banche e su come applicare il salvataggio interno in caso di necessità. E’ scontro sugli “stupidi” (diritti d’autore a Romano Prodi) parametri che impongono la cinghia all’Italia e alla Francia e il Bengodi alla sola Germania. E’ braccio di ferro su come incentivare la crescita, il lavoro, la speranza. Esattamente quello che succedeva prima del referendum, e che ha contribuito alla vittoria di chi teorizzava, sbagliando, il “meglio soli che comandati dalla Merkel”.
Ma in quest’Europa che torna a dividersi sia pure solo a parole, a conferma della sua impotenza politica, il terrorismo continua a colpire alle porte di casa, come ricorda l’attentato di martedì all’aeroporto di Istanbul, Turchia, dove tre kamikaze si sono fatti esplodere dopo aver sparato coi kalashnikov all’impazzata: quarantadue morti ammazzati, più di duecento i feriti. Nell’Europa incerta e verbosa i migranti continuano a sbarcare sulle coste soprattutto, per loro fortuna, d’Italia, l’unica nazione che si prende cura di un dramma irrisolvibile senza l’aiuto di tutta l’Unione. Proprio l’immigrazione ha fatto da detonatore della Brexit, pur essendo la Gran Bretagna il Paese meno colpito dal fenomeno e più indifferente nell’affrontarlo. Rilancio dell’economia, lotta al terrorismo, controllo dei migranti con rigore e umanità, ecco le priorità che, sull’onda della Brexit, dovrebbero imporsi nell’Europa dei “rimasti”. Prima che il vento populista soffi sempre più forte: la tempesta perfetta dopo l’uragano a sorpresa.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi