La Banca d’Italia l’aveva segnalato e gli italiani lo stanno sperimentando. Il silenzioso, ma inarrestabile aumento dei tassi rischia di compromettere la già difficile ripresa, mettendo in seria difficoltà famiglie e imprese.
Né si coglie quali siano i benefici della politica monetaria della Bce sui rialzi prolungati e poco apprezzati anche da Ignazio Visco, il governatore di Bankitalia, che pochi giorni fa ha indicato i numeri della perplessità.
Da luglio dello scorso anno a oggi -ha ricordato-, i tassi di riferimento sono stati innalzati per complessivi 300 punti base, con l’intenzione di accrescerli ancora di 50. Morale dell’analisi: che la Bce si muova con prudenza, se vuole contribuire a riportare l’inflazione al 2 per cento nel medio periodo, senza mettere a repentaglio la stabilità finanziaria e contenendo gli effetti negativi sul rilancio dell’economia in Italia e altrove.
Per capire il peso dell’allarme lanciato, basti ricordare che il tasso d’interesse sui mutui ormai ruota attorno al 4 per cento e quelli sull’erogazione dei nuovi crediti viaggiano intorno al 10. Se ottenere prestiti per compare casa o per concorrere allo sviluppo delle aziende e del lavoro diventa, letteralmente, un’impresa, il danno è immediato. Danno per chi intraprende e per chi non riesce a risparmiare più. Danno per il consumatore alle prese con un’inflazione indomabile.
Com’è noto, il carovita discende dall’interminabile e sempre più tragica guerra che da oltre un anno Putin ha scatenato contro l’Ucraina. I prezzi dell’energia sono volati alle stelle, colpendo ogni settore, dall’industria all’agricoltura. Il decennio di inflazione stabile e bassa conosciuto nel recente passato, prima del conflitto, è solo un pacifico ricordo.
Per questo la politica dei governi e le strategie delle banche centrali non sono ininfluenti sull’economia macro e micro. E le scelte oculate richieste da Visco, ossia frutto dei dati del giorno per giorno -la politica del realismo-, sono così importanti per non intralciare la ripresa.
Miracoli o magie non sono contemplate, e i margini di manovra dei governi, compreso il nostro, sono ridotti. Né ha senso domandarsi se con Mario Draghi le cose sarebbero andate diversamente. Forse no, tanti e tali sono i fattori nazionali e internazionali che condizionano la situazione.
Ma chiedere al governo di seguire anche in questo ambito, e non solo in politica estera, le orme di Draghi, potrebbe essere d’aiuto per tutti.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi