L’inizio di una soluzione in nome del realismo o di un pasticcio all’insegna della propaganda? Come da copione, maggioranza e opposizione già si dividono sull’intesa siglata a Palazzo Chigi tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ed Edi Rama, primo ministro albanese, per dar vita, dalla primavera 2024, a due centri di identificazione e rimpatrio italiano al di là dell’Adriatico, porto di Shengjin. Si prevedono 36mila persone all’anno.
In sostanza, Roma potrà trattenere in Albania i migranti che sbarcano nell’attesa di capire se nei Paesi da cui provengono essi sono o temono di essere perseguitati “per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le opinioni politiche” (Convenzione di Ginevra, 1951) e perciò con diritto a restare quali rifugiati protetti. Oppure se si trovano senza i requisiti necessari per rimanere.
Un’operazione complicata e dagli intricati risvolti giuridici, che già rende difficile la sua attuazione nell’Unione europea, dove il rispetto per regole e per chi arriva è molto arbitrario. E fuori dall’Ue la Gran Bretagna vuole mandare i migranti in Ruanda. In realtà, e a confortante differenza di tutti gli altri, il nostro Paese è l’unico a non aver innalzato muri o recinzioni e sorvegliato le proprie frontiere con uomini armati pur di non accogliere neppure i potenziali rifugiati (di cui, secondo il folle sistema-Dublino, deve farsi carico lo Stato di primo approdo, quasi sempre la sola Italia).
Dunque, l’accordo Roma-Tirana (territorio albanese, gestione italiana), è almeno uno scossone per Bruxelles, che non avendo mai dato seguito alle richieste di considerare l’immigrazione un problema europeo, ora si trova a dover fare i conti a sorpresa con un’iniziativa senza precedenti. E che si svolge in una nazione non ancora Ue. Anche se l’Italia, non solo in cambio dell’aiuto, spinge da sempre per Tirana nell’Unione.
Bisognerà ora vedere in che modo, ambito di competenza e con quali procedure giuridiche il Parlamento darà forma e contenuto all’intesa. Sia per far fronte ai già preannunciati ricorsi di chi evoca una “Guantanamo italiana in Albania” e a una magistratura che ha già mostrato, con provvedimenti libera-migranti, di non gradire la linea dura nel campo dei diritti. Sia perché l’accordo “storico e innovativo”, come lo definiscono nella maggioranza, non faccia anch’esso acqua al primo sbarco da gestire.
Ma per ora c’è solo l’annuncio tra applausi e polemiche. Forti entrambi.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova