Presidente del Consiglio Matteo Renzi: lei come reagirebbe, se le dicessero che da domani mattina la città italiana dov’è nato e cresciuto non si potrà più chiamare “Firenze”, bensì “Florenz”, solo e soltanto in tedesco? Che farebbe se le dicessero che tale novità sarà sancita con una norma d’attuazione costituzionale, e quindi per sempre? E che a farlo provvederà una semplice commissione di sei persone chiamata a dar seguito non a una impellente esigenza culturale, né storica e meno che mai di convivenza democratica, ma a una rivalsa mascherata da compromesso politico?
Che risposta darebbe, presidente Renzi, a chi le dicesse che nella sovrana Repubblica italiana che, grazie all’Accordo De Gasperi-Gruber del 1946, consentì alla popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige di riutilizzare -dal primo all’ultimo- tutti i nomi di luogo nella propria madrelingua (e perciò richiamare Bozen ciò che noi chiamiamo Bolzano), ora sia arrivato il momento dell’ingrata prepotenza? Ora di fatto saranno loro, i rappresentanti politici di lingua tedesca, ad arrogarsi il diritto di decidere se, quali e quanti nomi in italiano potranno ancora essere pronunciati dai cittadini italiani e stranieri.
E giusto per capire come finirà la partita, circa due nomi italiani su tre sono stati mediamente intanto cancellati dalla vigente versione bilingue italiano-tedesca dei sentieri di montagna. La scusa? Toponomastica minore o periferica. Tale lista e tale gravissimo precedente è frutto, di nuovo, solamente della volontà politica della Svp avallata, non si sa se per viltà o per insipienza, da rappresentanti politici “nazionali” di governi un tempo di Berlusconi, di Enrico Letta e oggi di Renzi. Incuranti tutti che persino questa lista degli aboliti “nomi minori” violi la Costituzione e lo Statuto speciale d’autonomia in Alto Adige, e violi soprattutto il buonsenso: perché vietare agli italiani di continuare a chiamare nella loro lingua i luoghi dove sono nati, i luoghi delle loro passeggiate, i luoghi del turismo estivo e invernale soprattutto italiano?
Ecco, nel silenzio generale e nell’indifferenza del giornalismo d’inchiesta il prossimo 23 settembre la sopracitata commissione dei sei si riunirà a Bolzano per completare l’opera, estendendo tali principi arbitrari e paradossali (impedire a me, italiano, di usare la mia lingua a casa mia) all’intera toponomastica della provincia. E blindando il tutto con la norma d’attuazione. Così la Corte Costituzionale, che sull’onda del ricorso dell’allora governo-Monti si appresta a esaminare, il 4 ottobre, e inevitabilmente bocciare l’abominio giuridico di una legge provinciale altoatesina già pronta per far strame della versione italiana della toponomastica bilingue, la Corte, dicevo, non potrà più fermare la pulizia linguistica. Perché la norma d’attuazione nel frattempo approvata avrà valore costituzionale e farà da apripista a un’altra legge provinciale che il governo di Roma a quel punto non potrà né vorrà più impugnare, avendo politicamente tollerato il marchingegno.
Attenzione, allora, alle bugie:
- non è vero che “la maggior parte” dei nomi italiani è stata o sarà salvata. La comica concessione è di mantenere un bilinguismo di facciata, anziché di sostanza. Significa che in montagna “Alm” avrà sempre il corrispettivo di “malga” (quanta magnanimità…). Ma il nome a cui la malga si riferisce sarà monolingue, solo in tedesco in una enorme quantità dei casi: quelli considerati “storici” secondo il “loro” punto di vista. Come se i circa cent’anni di esistenza della versione italiana accanto ai nomi tedeschi non fosse già prova sufficiente e corroborata della “storicità” acquisita, la storicità dei nomi italiani! Esempio: La Vetta d’Italia in tedesco si chiama Glockenkarkopf. Scommettiamo che un domani avremo “Vetta Glockenkarkopf”? Ecco che vuol dire salvare l’apparenza bilingue, ma sradicare il contenuto italiano.
- L’altra furbizia per confondere le carte è che tutti i grandi e più conosciuti nomi (Bolzano, Merano, Bressanone ecc.) resteranno bilingui, Meran-Merano, Brixen-Bressanone e così via. Mai Firenze diventerebbe solo “Florenz”, preciserebbero i tagliatori di nomi per rassicurarci. E’ ovvio: qui si parla di una strategia anacronistica ma raffinata, il revanscismo dal volto umano che da decenni sogna di cancellare gran parte dei nomi italiani dalla realtà bilingue. Se avessero pensato di abrogare pure “Bolzano” da “Bozen” perfino gli accondiscendenti governi di Roma se ne sarebbero accorti e si sarebbero arrabbiati. Sradicando, invece, due terzi del patrimonio linguistico italiano, e raccontando la favola che è tutta toponomastica piccina e lontana, l’operazione chirurgica risulterà perfetta: chi lo noterebbe?, chi oserebbe protestare “per quattro masi o tre cime lassù, che nessuno conosce”?
- Terza astuzia. Il disagio che animerebbe i tagliatori di nomi per i presunti toponimi “fascisti”. Ma i primi 5.000 toponimi bilingui degli attuali e importanti 8.000 in vigore risalgono addirittura al 1916, quando neanche Mussolini era fascista. E comunque l’uso legale e popolare di decenni ha tolto a quei nomi qualunque connotazione ideologica avessero mai potuto avere nelle intenzioni del regime morto e sepolto da decenni.
Da settant’anni questi sono i toponimi di De Gasperi e della Repubblica italiana. Sono i toponimi di tutti gli italiani e di chiunque, da qualunque parte del mondo parta o arrivi, intenda pronunciarli e nominarli. Sono i toponimi che convivono in pace e in armonia con i nomi di luogo indicati in tedesco per chi è tedesco. Il bilinguismo è il felice matrimonio.
E allora serve un appello alto e forte a tutte le persone di buona volontà. Cominciando dai componenti della commissione dei sei, e partendo proprio dai membri di lingua tedesca, forse e paradossalmente più riflessivi perché più consapevoli dei colleghi “italiani” incredibilmente disposti ad abolire ciò che già c’è: usino la loro testa, ignorando la dominante e prevaricante volontà politica. Lascino che sia la Corte Costituzionale, nell’ormai prossima sentenza, a stabilire nel dettaglio i principi del bilinguismo paritario e assoluto, che è la feconda radice dell’autonomia altoatesina. Nessuna lingua venga buttata giù dai cartelli stradali. Non tagliare e impoverire, bensì arricchire: ne aggiungano piuttosto un’altra, di versione. In inglese, in arabo o in cinese, se proprio muoiono dalla voglia di ergersi a ciò che essi non sono, glottologi e linguisti.
E poi i partiti nazionali: Beppe Grillo e i Cinque Stelle, perché non vi mobilitate per una battaglia di elementare giustizia civile e decenza culturale? Sinistra di pensiero e di parole (Fassino e Fassina, D’Alema e Veltroni) avete ben capito che qui è in ballo anche la libertà d’espressione? Avete compreso che qui è in gioco il diritto di parlare ciascuno nella sua lingua, a fronte del diktat dei rappresentanti politici di lingua tedesca di dirci loro a noi come chiamare in italiano i luoghi condivisi? Eredi sparsi della destra che un tempo si riempiva la bocca di Alto Adige (Meloni, Frattini, lo stesso Berlusconi, il nuovo arrivato Parisi): dove siete, perché non parlate più? Istituzioni, Grasso, Boldrini, ministri da Alfano a Boschi: perché non difendete la lettera e lo spirito della Costituzione? E ancora giornalisti, intellettuali, professori di italianistica e dantisti anche del colto mondo tedesco, altoatesini d’ogni lingua capaci di andare oltre ogni frontiera: che aspettate a esigere rispetto, nient’altro che rispetto per la cultura e la tradizione italiane in Alto Adige? E infine giuristi della Corte Costituzionale, ultimo baluardo della legalità: perché non andate subito a sentenza, perché non vi sottraete al penoso minuetto politico di quanti vi implorano di aspettare, in attesa di cucinarsi loro la Costituzione della Repubblica italiana?
Quale Paese dell’universo accetterebbe mai di rinunciare alla propria lingua nazionale e ufficiale per accontentare un’incontentabile arroganza? Quale Repubblica delle banane subirebbe una simile sottomissione?
Presidente Mattarella, la prego di non consentire che la civiltà del bilinguismo paritario e assoluto di De Gasperi sia buttata dalla finestra per sempre, proprio nel settantesimo anniversario del suo accordo con Gruber (5 settembre 1946). La prego di non consentire questo sfregio così inutile e meschino all’Italia, che tanto ha fatto per la bellezza, il benessere e la convivenza di tutti in Alto Adige.