C’è un teatro in Italia che non fa pagare il biglietto d’ingresso agli spettatori. E’ un teatro giovane, ma ha un nome antico: “No’hma”. Nel greco di un tempo (si legge “nóema”) significa pensiero, sentimento, riflessione. Quest’anno il No’hma compie vent’anni di incontri e racconti. Festeggia il suo futuro della memoria. “E’ il luogo più interessante di Milano”, ha scritto il New York Times. Ma forse non meno interessante è sapere che, a ispirarne il progetto e il percorso, sia Livia Pomodoro, presidente del tribunale di Milano (a lungo si è parlato di lei per il ruolo di ministro della Giustizia).
Le rappresentazioni del teatro si svolgono ogni mercoledì e giovedì con domeniche speciali, come sanno le quasi mille persone che lo frequentano in una settimana. Il No’hma alimenta l’anima milanese e italiana, cioè internazionale, del capoluogo lombardo che non per caso presto ospiterà anche l’Esposizione universale.
Per cercare, allora, il filo di un mondo senza confini che passa dalla vita quotidiana e attraversa i sogni-bambini di tanti milanesi (solo “Internazionale” poteva chiamarsi una delle due squadre di calcio della città più titolate del pianeta), vale la pena di partire da qui. Dall’intuizione, un giorno di primavera del 1994, di Teresa Pomodoro, sorella di Livia. Fu autrice e attrice. Collaborò con Giorgio Strehler e il Piccolo negli anni Sessanta, cioè appena arrivata, giovane, dalla Puglia. Voleva dar vita a uno spazio “di libera e profonda invenzione artistica” sulle rovine di una palazzina dismessa dell’Acqua potabile della città. E attenzione al ricorrente elemento dell’acqua, che da fonte battesimale diventa la metafora dello spirito calmo e ribelle del No’hma. Uno spazio, immaginava dunque Teresa, dove avrebbero recitato attori consumati, certo. Ma soprattutto persone di qualsiasi professione e mestiere, classe sociale o nazionalità. Perché ogni donna e uomo di questo mondo hanno una storia da raccontare. Tuttavia, non meno importante -ecco la seconda novità-, è il diritto di chiunque di poterla ascoltare, quella storia che vale. Il pubblico diventa, perciò, due volte protagonista: di qua e di là del palcoscenico, recitando o ascoltando.
Al No’hma le parole scorrono come un fiume che porta lontano, o forse come un canto di liberi pensieri: la musica e i musicisti sono ospiti quasi fissi in questo luogo di sinfonia per tutti.
Teresa Pomodoro, la fondatrice cresciuta con l’arte nel cuore, nel lavoro e in famiglia (cugina dei fratelli e scultori Arnaldo e Giò Pomodoro), è scomparsa nel 2008. Ma la sua caparbia vocazione nel voler dar voce agli esclusi e agli emarginati, la sua idea di un teatro aperto alla contaminazione “cercando la vita dovunque”, è un viaggio che oggi continua con l’impegno di Livia, la sorella-magistrato.
Il suo, di Livia, è un omaggio tenero e vitale alla visione di Teresa. Ma anche un invito alla città e a chiunque, italiano o straniero, la percorra, a fare dell’accoglienza, del mecenatismo, della libertà e pluralità delle idee, della provocazione intelligente valori condivisi di una società matura, che non ha paura delle paure. Guardando il cartellone rappresentato in questo luogo fluviale, dove lo spazio e il tempo si consegnano alla parola, si ha la percezione che il No’hma sia quella finestra d’incanto dell’Italia sul mondo evocata dal New York Times.
Si va dal recentissimo “New Quartet meets Dalì” (“l’incontro inedito e originale tra un artista contemporaneo e il musicista più versatile del nostro tempo”, si spiegava) a “El hombre de mi tiempo”, che era così presentato: “La violenza sta dentro di noi: come tentare di cambiare un mondo in cui essa è qui, lì e dovunque altrove?”. Oppure “Grande Sud”, con Eugenio Bennato, ovvero “un percorso musicale e poetico per raccontare quel sud che interseca magia, brigantaggio ed emigrazione”. Oppure, ancora, “Le notti di Berlino”, spettacolo di Charlie Owens con Salvatore Veca. E “Le mille valigie di Milano” (vi recitava Massimo Popolizio). Ogni stagione del No’hma risponde a un tema. Quello attuale è “L’uomo, la natura e il progresso”. Ma per restare al teatro, l’attualità dove vuole arrivare, vent’anni dopo? Livia Pomodoro risponde citando le parole dell’amata sorella Teresa, scolpite in un murale del No’hma: “Dal pianeta all’uomo, dall’uomo al pianeta. Homo naturalis, homo technicus…homo sapiens? Ruolo della cultura a fondamento della sintesi natura e tecnica, per salvare la Terra e recuperare la bellezza della vita”. Poi aggiunge: “Per noi questo è il simbolo anche nella stagione del ventesimo compleanno. Esperienze, parole e riflessioni per costruire insieme un futuro di speranza”.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi