Loro non mollano mai. Quando meno te l’aspetti, ecco il fermo di tre insospettabili (ma non, per fortuna, per gli investigatori) accusati di far parte di una cellula terroristica legata all’autoproclamatosi Stato islamico e ad Al Qaeda. Due di loro, di nazionalità afgana, sono stati presi a Bari, il terzo, cittadino pakistano, a Milano. E altri due sarebbero fuggiti per Kabul giusto in tempo. Ma secondo carabinieri e magistrati, nell’insieme il quintetto sarebbe stato pronto a compiere attentati in luoghi pubblici scelti con cura: aeroporti e porti, centri commerciali e alberghi non solo in Italia, ma anche in Francia, in Belgio e in Gran Bretagna. Pure i simboli delle capitali nel mirino, come il Colosseo e il Circo Massimo a Roma.
L’inchiesta accerterà le presunte responsabilità e il livello di pericolo concreto del progetto. Ma già risulta chiara una piccola, grande novità: non si parla di cinque cani sciolti o “lupi solitari”, come vengono spesso bollati i singoli terroristi disposti a tutto, anche se apparentemente poco coordinati fra loro. Si tratterebbe, stavolta, di uomini che “facevano rete”. Gente organizzata, dunque, persone che potevano disporre, secondo gli inquirenti, di armi, denaro, piani fotografici, video e quant’altro potesse servire per l’eventualità prevenuta dopo mesi di indagini. Dalle quali indagini non manca nemmeno un selfie: quello trovato a uno dei tre fermati, che aveva preteso di farsi la sua bella foto con l’ovviamente ignaro sindaco di Bari, Antonio Decaro, durante la cosiddetta “Marcia degli Scalzi”.
Fu una manifestazione promossa in varie città d’Italia nel settembre dell’anno scorso per dare solidarietà e infondere spirito d’integrazione verso e da parte degli immigrati. Paradossalmente quell’autoscatto oggi acquista un valore importante: testimonia quanto le buone cause possano essere strumentalizzate dai malintenzionati. Dimostra quanto sia difficile, eppur doveroso, distinguere l’azione di pochi, ma pericolosissimi pseudo-migranti dalla massa di rifugiati autentici. Come individuare in tempo estremisti che decidono persino di sottolineare con un “clic” la loro finta vicinanza a un mondo, libero e occidentale, che invece odiano e vogliono abbattere con la violenza.
E’ la conferma che nessun Paese d’Europa può chiamarsi fuori. E che senza una forte e continua attività investigativa di prevenzione, anche l’Italia rischia di diventare una sorta di base per terroristi multi-uso.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi