Da noi, si sa, finisce sempre tutto in politica, e perciò in rissa. Ma il fatto è più forte di qualunque polemica, drammatico e innegabile come si presenta: un diciottenne proveniente dalla Costa d’Avorio e accolto con tutto il calore della Sicilia come profugo, è ora accusato d’aver sgozzato un anziano pensionato nella sua casa di Palagonia, provincia di Catania, e d’aver buttato giù dal balcone la moglie in un tentativo di rapina in piena notte. Adesso chi glielo spiega ai figli della povera coppia di innocenti, una vita di lavoro per godersi gli ultimi anni in serenità, perché mamma e papà sono morti in quel modo orribile? Mamadou Kamara, l’accusato del doppio e brutale omicidio forse con complici, viveva in un centro con tanti migranti veri e tranquilli: quale istituzione può oggi illustrare ai cittadini che cosa fa per distinguere ogni giorno la marea della sofferenza dall’impietosa criminalità? C’è poco da illudersi. Un simile delitto colpisce al cuore il pur grande cuore d’Italia. Anche l’atto eroico e quasi contemporaneo di quel cittadino ucraino, Anatolij Korol, ammazzato per aver cercato di sventare una rapina in un supermercato nel Napoletano, rischia d’essere dimenticato in fretta di fronte alla crescente sensazione d’insicurezza che tanti italiani associano alle porte aperte, all’incapacità -più europea che non italiana- di coordinare e condividere i salvataggi, all’idea di un Paese-colabrodo dove chiunque può entrare e fare quello che vuole. Solo una politica solidale ma rigorosa col fenomeno dei profughi può rasserenare la paura dilagante, che fa dire a molti (e il leghista Matteo Salvini subito salta sul carro) che è “colpa dello Stato”. Così non è, ma non è certo colpa dei cittadini se essi si sentono impauriti e indifesi fin dentro casa loro. A Bruxelles già si chiedono regole comuni per i profughi. “L’Italia va aiutata”, ha finalmente capito Angela Merkel, che sollecita l’Europa a distribuire in modo equo i rifugiati, pena la rimessa in discussione degli accordi di Schengen che abolirono i controlli alle frontiere. La “sveglia” suonata dalla Merkel segnala che siamo all’ora X: più cooperazione nell’Unione e massima sicurezza in Italia. Accoglienza e rigore, le due facce della stessa medaglia. Per esorcizzare la paura della gente non basta la guerra delle parole. E’ lo Stato che deve reagire con atti e fatti per restituire agli italiani il diritto di vivere in pace dopo aver assolto il dovere di tante vite salvate.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi