Zaino sulle spalle e tutti in cammino verso un domani di speranza, che è già cominciato nella scelta dello stare insieme all’aperto. Una folla immensa e festosa, così il pacifico esercito di ragazzi dei cinque continenti è accorso in Polonia, terra dell’indimenticabile Papa Wojtyla, per ascoltare il non meno amato Francesco nella tradizionale Giornata Mondiale della Gioventù. E per testimoniare che anche nel tempo dei preti sgozzati mentre celebrano messa, il tempo dei barbari e dei santi, mai deve venire meno la bellezza dell’incontro, che è l’antidoto più grande contro il veleno d’ogni pregiudizio.
Ma quello stesso zaino pieno di sogni e colori, forse anche di libri di poesia, certamente di tablet e telefonini per parlare in ogni lingua dell’universo, in un altro e non lontano luogo, a Cannes, nella Francia martoriata, viene invece proibito sulla spiaggia per tutta l’estate. Le autorità, ancora scosse da un terrorismo a cui è bastato un Tir usato come bazooka sul lungomare di Nizza per provocare decine di morti e feriti, ora diffidano anche di una borsa in riva al mare. A Cracovia sventola ciò che a Cannes è fuorilegge. E lo zaino della libertà e della paura diventa la metafora dell’Europa che vuole reagire, ma che non sa come reagire. La metafora di quanto siano realmente cambiate le nostre vite, e di quanto sia invece importante che non cambino. Di quanto conti l’esempio che i giovani, soprattutto loro, continuino a “non avere paura”, come esortava a fare proprio Wojtyla in un contesto e per ragioni diversi. Ma di sicuro lo ripeterebbe con più foga oggi, e Francesco infatti lo dice, perché essere consapevoli del rischio incombente non significa rinunciare a niente di se stessi.
Non c’è incoscienza, allora, in quell’oceano di giovani e credenti che ha scelto di accompagnare il Papa, di ascoltarlo, di pregare e cantare con lui. Non è neanche sfida temeraria, perché avere paura è naturale con tutto quello che è successo. Ma non c’è terrore al mondo che possa uccidere la voglia di vivere. Senza retorica, dunque, senza i soliti discorsi di circostanza, quei ragazzi mostrano col loro comportamento quale sia la strada per uscire dall’incubo e tornare, come diceva il Poeta, a riveder le stelle. Ci vorrà del tempo, certo. Gli attentatori che orbitano attorno al sedicente Stato dell’Isis, il pianeta dell’orrore, ce la faranno ancora pagare. Ma per quanto sangue innocente potrà scorrere, quei giovani insegnano che le paure muoiono all’alba.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi