Il tango e un bandoneón, anzi, sei
Circolo Canottieri Tevere Remo, Roma, 27 febbraio 2015
Il bandoneón è lo strumento che s’usa per suonare il tango, non facile da trovare e niente a che vedere con la fisarmonica, a cui pure somiglia. Ma averne sei di “bandoneones”, e tutti insieme che suonano la Cumparcita, che è il tango più celebre al mondo, è un evento unico e irripetibile. E’ accaduto venerdì 27 febbraio al secondo appuntamento del ciclo mensile di incontri “Quelle storie dell’altro mondo…e del nostro” curato da Federico Guiglia e promosso a Roma dall’Accademia del Notariato al Circolo Canottieri Tevere Remo. Protagonisti della serata che ha registrato notevole interesse di un pubblico che ha riempito la sala, sono stati Ulises Passarella, uno dei maggiori compositori e musicisti di tango, oggi, e il figlio Roberto. Formano il “Duo Passarella”, che per l’occasione è stato esteso anche ad altri quattro allievi italiani di Ulises, artista uruguaiano che vive in Italia, dove ormai ha trascorso più della metà dei suoi sessant’anni, con alle spalle un’intensa carriera concertistica in tanti teatri e città della Penisola e del mondo (di recente ha suonato anche in Cina).
Il tango come luogo e metafora senza confini, che è approdato all’universo dalle rive sudamericane del Río de la Plata, dov’è nato più di un secolo fa tra Buenos Aires e Montevideo. E poi l’impronta italiana che fin dall’origine ha caratterizzato questo genere musicale. E Carlos Gardel, la voce del tango. E Astor Piazzolla, il rivoluzionario del tango: di tutto si è parlato e raccontato. “E non si dica più che il tango è un pensiero triste che si balla”, ha concluso sornione e sorridente il Maestro Passarella, dando prova col figlio Roberto, i quattro allievi e i sei bandoneones d’avere non poca ragione.