Eppur si muove. La più antica istituzione universale al mondo fa i conti con la modernità e apre spiragli. Come se i duemila anni della sua storia, che si vedono e si sentono, fossero un patrimonio non solo da tramandare ai credenti di generazione in generazione, ma anche da interpretare per tutti senza paure o ipocrisie nel giorno per giorno dell’attualità. Per la prima volta in modo forse tanto chiaro la Chiesa di Francesco si pone il problema di un “itinerario di riconciliazione” per i divorziati risposati. S’interroga sulle famiglie “in cui vivono persone con tendenza omosessuale”. Si chiede come includere la presenza femminile “nella formazione sacerdotale”. E’ tutto scritto nel testo preparatorio (“Instrumentum laboris”) del sinodo d’autunno che i vescovi dedicheranno al grande tema della famiglia. Della quale si riafferma l’importanza e l’unicità del matrimonio, così come si denunciano le pressioni internazionali subite dai “pastori della Chiesa” su leggi “che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso”. Nessuna rivoluzione, dunque, rispetto al tradizionale “no” della Chiesa sul tema. Nemmeno un cambiamento della dottrina, restando, per esempio, ferma e dichiarata la contrarietà all’aborto e all’eutanasia, perché la vita “è sacra e inviolabile”. Ma la novità non è -non poteva essere- sui principi della fede cattolica o sui valori per dare un futuro alla memoria. Nuovo, invece, è il modo di porre e di porsi rispetto alle questioni troppo a lungo rimosse, non comprese, sottovalutate. Ma tutte facenti parte della realtà quotidiana della gente. Problemi di vita vissuta che anche un’istituzione millenaria e dal solido pensiero ha il dovere d’affrontare senza l’ideologia del pregiudizio. E’ un po’ la piccola, grande lezione di Francesco, che non sta dicendo cose radicalmente differenti in confronto ai suoi predecessori. Ma le dice in modo diverso e con una diversa sensibilità. Da sempre la Chiesa di Cristo guarda agli ultimi, “che saranno i primi”. Ma questo Papa non si limita a guardarli: li abbraccia. E’ nel gesto, allora, il vero e percepito cambiamento. E’ nella coerenza del comportamento tra il dire e il fare. E’ nel tentativo di parlare ai mondi lontani, e non soltanto al cuore di chi il dono della fede ha già, che si coglie il rinnovamento di Francesco. Del quale il sinodo ne rispecchia le riflessioni -con opinioni naturalmente diverse fra gli stessi vescovi- e l’approccio realistico di una Chiesa che vuole avvicinarsi alle persone con una voglia di ascoltare e di capire che è il segno dei tempi.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi