Da domenica scorsa anche il centrodestra ha il suo Tsipras italiano: si chiama Matteo Salvini. Come il popolare leader della nuova sinistra e oggi primo ministro in Grecia, Salvini si prospetta a capo di una destra nuova che dice pane al pane e mobilita le piazze e le platee televisive. E’ ormai diventato l’”altro Matteo”, quello di lotta, che sotto il profilo anagrafico e comunicativo molto somiglia al Matteo di governo, il Renzi alla guida del Pd. L’un contro l’altro armati di programma: niente quanto la loro così diversa politica e le loro idee mai sovrapponibili divide e contrappone il primo al secondo. I due carissimi nemici, ormai. Ma la novità di Salvini non è solamente legata alle sue parole semplici -a volte anche trucide- né alle sue polemiche che colpiscono il segno e lo lasciano, perché sempre provocano quello che lui cerca per mettersi in mostra: il vespaio. Al pari del linguaggio anche del corpo, con quelle felpe e magliette che cambia di continuo, per stupire e far vedere che lui non ha alcuna paura di pensarla diversamente dai padroni del vapore. Oltre alla forma e alla moda adesso il Matteo, che ama presentarsi da cattivo per avvicinarsi al buon elettorato esasperato dalle tasse, dall’insicurezza, dalla mancanza di lavoro, ha anche i voti. La sua Lega ha doppiato Forza Italia e s’è rivelata determinante per i due unici ma importanti successi regionali (sui sette in palio) nel centrodestra, il Veneto e la Liguria. Il primo confermato, la seconda ribaltata. Senza dimenticare la novità dei risultati nel centro Italia, dove la Lega è diventato il principale partito di opposizione in Toscana, la regione rossa per eccellenza. Pur nella generale sconfitta, lo schieramento anti-progressista è tornato ad essere vincente. E tutto questo al centrodestra succedeva poco o non succedeva più dopo il declino politico del leader storico Silvio Berlusconi e la ascesa, confermata alle regionali, dei Cinque Stelle. Ma può e vuole il centrodestra fidarsi dello Tsipras padano? Può la coalizione affidarsi a chi invoca le ruspe contro i campi rom o l’addio all’Euro? Può il centrodestra riconquistare il consenso maggioritario degli italiani col radicalismo delle parole, dei gesti, delle ricette spicce? Persino Tsipras, quello vero, s’è dato una calmata, capendo che anche i problemi più complicati non si risolvono solleticando paura, ma rasserenando. O Salvini cambia o cambiano Salvini, se i partiti di centrodestra intendono provare davvero a riprendersi Palazzo Chigi.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi