Cagnolini, gatti e bambini: l’incontrovertibile verità del Papa

Siamo terzultimi in Europa, peggio di noi solo Spagna e Malta. Ma è una classifica che dà fastidio consultare, perché una parte della politica -la solita parte ideologica, minoritaria, eppur rumorosa- la considera un’inammissibile intrusione nella vita altrui.

Qui si sta parlando della denatalità, cioè dell’1,2% di figli in media per coppia in Italia (rispetto all’1,4% del continente), che mette a rischio il naturale ricambio generazionale, assicurato con 2 figli per coppia.

Perfino il Papa, applaudito da codesta minoranza ideologico-rumorosa ogniqualvolta lui si esprime su temi come la guerra, le migrazioni o Trump, è stato fischiato -o peggio: ignorato-, per aver detto che il Re è nudo, cioè che la cultura edonista ed egoista del nostro tempo tende a privilegiare “cagnolini e gatti” ai “bambini”.

Apriti cielo: dagli animalisti alle femministe, dai laicisti ai polemisti di fine settimana tutti a dar lezione a Francesco su come si sta al mondo. Proprio a lui, la figura oggi più universale, simbolicamente parlando, che ci sia.

Da buon argentino Jorge Mario Bergoglio, il 266esimo successore di Pietro, con la battuta su cane, gatti e bambini ha riassunto una verità sorprendente e incontrovertibile. Com’è possibile che nella sofferente America latina, dove l’amore per gli animali domestici è superiore persino a quello coltivato dall’onorevole Michela Vittoria Brambilla (da piccola aveva 14 cani in casa, ha raccontato), madri e padri non rinuncino a far figli? E che invece nella benestante Europa i bambini siano diventati una rarità, a differenza dei bau-bau e dei micio-micio, sempre più spesso portati a passeggio col cappottino e pure in carrozzina? Cioè “bimbizzati”.

Con ogni evidenza la questione non è economica, perché la Bolivia non ha il tenore di vita della Svizzera, né l’immenso Brasile delle più ricche nazioni dell’Ue. Eppure, laggiù in carrozzina ci vanno, ancora, i figli piccoli o appena nati (non sempre col cappottino, ché i cappottini costano e non tutti se lo possono permettere).

Ciò che fa la differenza è la speranza. Speranza di poter avere una vita migliore e perciò investire perfino la tua vita in quella dei tuoi figli, prendendoti, però, anche tutte le responsabilità del caso. Genitori consapevoli, anche quando sono economicamente disperati.

Non sono, dunque, gli asili-nido (che peraltro in America latina non abbondano), a poter stabilire se si vuole o no diventare padri e madri.

E’ solo l’amore, che muove il sole e le altre stelle, come Dante ci ha insegnato, a poterci scuotere. L’amore per la vita, per il partner, per chi verrà e per quello che si è. L’amore per il piccolo mondo a cui si appartiene e per quello più grande che si sogna. Non è solo poesia: la questione demografica è la questione democratica dei prossimi decenni.

Se gli europei e noi italiani in particolare non capiremo che la natalità è una vitale priorità, e che bisogna fare l’impossibile per garantire la reale parità tra uomo e donna nel lavoro e nella società, creando così le condizioni affinché tutti possano “sperare” in meglio, non basteranno le prediche di Francesco né i moniti degli statistici per scongiurare il declino.

Drammatico sarebbe non invertire la tendenza della crescita zero, ossia delle morti che superano le nascite: si romperebbe l’equilibrio previdenziale, sanitario e sociale dello Stato con grave danno per le generazioni che presto prenderanno le redini del Paese. Bonus bebè, quoziente familiare, servizi integrati nelle scuole e asili: il governo s’inventi il vero e l’inverosimile, e il Parlamento arricchisca.
Una popolazione che cala, cala in tutto: dalla complessiva produzione di ricchezza (Pil) alle opportunità di lavoro, studio e ricerca, al ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo. Paradossalmente, faticheremo a mantenere -costano pure quelli- i cagnolini e i gatti evocati da Francesco.

Intendiamoci bene, libera scelta in libero Stato. Il rispetto per chi non vuole o non può fare figli, è assoluto. Così come per gli amanti degli animali (fa specie dover precisare queste cose, tanto sono ovvie).

Ma la scelta strategica prescinde dai comportamenti dei singoli e delle coppie. Se non si riaccende in fretta il faro collettivo della speranza, se non si sa riconoscere la fortuna e il privilegio di vivere in un continente ricco di tutto e nel Paese più bello e dagli altri sognato del mondo, insomma se non si crede di “investire” nei bambini, tesoro dell’umanità, la decadenza è sicura. Senza cambiare rotta, nel 2050 saremo 4 milioni e mezzo di italiani in meno. Come se sparisse l’intera città di Roma coi suoi dintorni.

Fare figli (o adottarli, o averli in affido: a ciascuno ciò che vuole e può), oggi è un atto d’amore e allo stesso tempo la scelta più libera e democratica che la minaccia demografica imponga al nostro destino.

La verdiana “forza del destino”: un crescendo che dipende solo da noi.

Pubblicato sul quotidiano Alto Adige