La prima volta di “quel” voto austriaco

Non è una sorpresa, perché lo stesso vento radicale soffia ormai da tempo su tutta l’Europa. Ma è la prima volta nella storia politica dell’Austria che il 29% degli elettori -secondo le indicazioni dopo il voto- ha scelto la destra estrema Fpö. I nazionalpopulisti hanno sorpassato -altro inedito- il tradizionale partito dei popolari, dati intorno al 26%, e che esprime il cancelliere uscente, Karl Nehammer. Terzi i socialdemocratici col 20 e poi liberali e verdi con l’8 a testa.

I numeri consentirebbero di dar vita a una grande coalizione senza la destra ultrà, come già prospettano i leader degli altri partiti, pur di non avere a che fare con Herbert Kickl. E’ il discusso vincitore e già ministro dell’Interno, ma soprattutto l’erede politico dello scomparso Jörg Haider, che fu governatore della Carinzia e artefice, tra gli anni Ottanta e Novanta, della forte virata a destra dell’elettorato conservatore.

Altra ipotesi che circola: popolari e nazionalpopulisti insieme, ma senza l’ingombrante presenza di Kickl.

A prescindere da quel che s’inventerà la politica austriaca per dar vita a un nuovo governo, e delle inevitabili polemiche che si scateneranno se, in nome della stabilità e del rispetto dei principi liberali ed europei alla fine saranno gli sconfitti, anziché i vincitori, a dare le carte, l’ennesima spallata di radicalismo pone seri problemi a tutta l’Ue e all’Italia, che è il vicino della porta accanto.

Quella porta del Brennero che Vienna ha sbarrato alla libertà di circolazione dei Tir e dell’economia italiana, costringendo il nostro governo a ricorrere alla Corte di Giustizia Ue contro i divieti notturni, settoriali e invernali di transito (scelta avallata dalla Commissione europea, pure la Germania concorda con la tesi italiana).

Qualunque sarà il governo che verrà fuori dal cappello viennese, è improbabile che in Europa potrà cambiare l’atteggiamento ben poco flessibile dell’Austria anche sui conti pubblici, pur in tempi di crescita necessaria. Sull’onda del voto si può, inoltre, prevedere che ci sarà una stretta sull’immigrazione (già adesso gli austriaci non si fanno questioni nel respingere o portare al di qua del Brennero le persone extracomunitarie), e che assisteremo a minor fervore a sostegno dell’Ucraina e della sua difesa.

Di fatto il voto austriaco è un altro campanello d’allarme per un europeismo che troppo spesso sorvola sui problemi vitali dei suoi cittadini. Né si cura di dare risposte alle paure autentiche delle comunità. Paure non solo “percepite”, come tende a dire quella politica, specie tra i progressisti, che non vuol vedere e non vuol sentire.

Lavoro, sicurezza, immigrazione sono, invece, temi concreti e vissuti, che i governi non possono più lasciare agli imbonitori di turno, ai demagoghi sempre pronti, a chi cavalca all’insegna del pregiudizio le preoccupazioni di una società sempre più spaventata per quel che succede in casa e fuori.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova