Qui si fa l’Europa o si muore. Dopo l’implacabile rapporto di Mario Draghi sul destino dell’Ue, un rapporto ricco di riforme e grandi investimenti proposti, “altrimenti sarà una lenta agonia”, ecco che arriva il primo mattone per costruire l’invocato rilancio: la nomina della squadra chiamata ad agire.
Conto alla rovescia per Ursula von der Leyen, presidente della Commissione: si prevede per martedì la presentazione dei commissari prescelti, tra i quali l’italiano Raffale Fitto, il nostro ministro per gli Affari europei. Poi le singole audizioni e le votazioni dell’Europarlamento sulle persone indicate e sull’intera formazione.
Per Fitto si prospetta un ruolo di rilievo, come richiesto dal governo italiano, ma soprattutto come si conviene a chi rappresenta uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea -nel frattempo diventata di 27 Stati-, e che incarna, Nazione del G7, una delle tre economie più forti del continente.
Oltre a un importante dicastero economico, Fitto diverrebbe vicepresidente esecutivo, cioè il numero 2 di Ursula.
E’ un riconoscimento che in Italia dovrebbe essere apprezzato da tutti, perché l’Europa decide e legifera in ogni campo, generale e particolare, dall’immigrazione al tappo di una bottiglia in plastica.
Eppure, contro Fitto è partita la campagna di chi confonde l’interesse nazionale ed europeo con l’ideologismo. Poiché l’annunciato commissario italiano ha come riferimento politico il gruppo dei conservatori all’Europarlamento i socialisti, che con popolari e liberali rappresentano la pur anomala “maggioranza-Ursula”, contestano l’arrivo di Fitto. Dicono che stravolgerebbe gli equilibri politici. Ma i popolari approvano il suo arrivo.
Non è una sorpresa che i socialisti se la prendano con i conservatori per interposta ed esponente popolare von der Leyen. Sorprendente, invece, sarebbe se le forze di opposizione in Italia, in particolare il Pd, che è il principale partito proprio del gruppo socialista, seguissero una simile e scriteriata offensiva, sol perché Fitto è un loro avversario politico in Patria.
Il commissario italiano andrà a Bruxelles per fare, in chiave europea, non gli interessi della destra a cui Fitto appartiene, ma dell’Italia. Come accadde, a parti invertite, col commissario uscente Paolo Gentiloni, Pd, saggiamente appoggiato dal centrodestra italiano nel 2019.
Interesse nazionale significa capire che nessuna bandierina di parte sventola più in alto dell’Italia.
Sarebbe grave e grottesco: l’Europa mostra di puntare sugli italiani -da Draghi, a cui ha affidato il rapporto del cambiamento a Enrico Letta, autore di un lavoro sul mercato interno, a Fitto, potenziale vicepresidente della Commissione-, e i progressisti italiani contestano l’ultima novità per puro e miope politicismo.
Si spera che almeno il Pd, principale forza di opposizione nel Paese, spieghi al suo gruppo socialista che l’Italia viene prima della destra. E perfino della sinistra.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova