Che cosa unisce la Repubblica presidenziale americana con la monarchia costituzionale della Gran Bretagna? E poi un sistema semipresidenziale francese con un altro di governo multipartitico giapponese all’ombra cerimoniale di un imperatore? E infine un cancelliere tedesco con una presidente del Consiglio italiana e un primo ministro canadese?
Li unisce certamente la circostanza di rappresentare le sette economie più forti del pianeta.
Ma il vero comun denominatore per queste nazioni euro-americane che costituiscono la prima linea di una grande civiltà che si chiama Occidente, è il Parlamento. Qualunque sia la loro forma istituzionale -e ce ne sono sette, tutte diverse l’una dall’altra-, nessuna prescinde dalla fonte democratica, che dà a ciascun Paese un ruolo in casa propria e nel mondo, e che si basa sulla libera elezione dei cittadini dei loro legislatori.
Tanto basta per capire l’importanza della tre giorni del G7 dei Parlamenti a Verona. I Parlamenti, cioè il luogo insostituibile della sovranità popolare, il motore dei governi, il potere che controlla il potere.
Ma l’evento, inaugurato ieri dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Museo del Castelvecchio, e di cui oggi il presidente della Camera, Lorenzo Fontana aprirà i lavori, arriva in un momento che più complicato e tormentato non si può.
Due guerre, in Ucraina e in Medio Oriente, mettono a repentaglio la pace e la sicurezza di tutti. Due potenze come la Cina e la Russia guidate da regimi autocratici, cioè il contrario delle nostre democrazie liberali, mettono in discussione la geopolitica e i rapporti politici, economici e financo militari fra Stati. E poi i grandi interrogativi sull’Africa e sulle migrazioni nel Mediterraneo, sull’India prorompente, sulle nazioni che dall’Asia all’America latina cercano una loro strada per affermarsi: ma con quali comuni prospettive?
Sullo sfondo le occasioni e i rischi dell’intelligenza artificiale, le insidie del clima impazzito, l’accesso alle risorse. Sono temi che in buona parte figurano nell’agenda delle sessioni, ma che, soprattutto, sono ormai vita delle nostre vite e delineano non il mondo che verrà, bensì che è già arrivato. Con le sue incursioni cibernetiche di particolare gravità per governi e strutture dello Stato, legati al digitale che regola il mondo.
Dunque, i Parlamenti sono il più importante baluardo di equilibrio in questo mondo senza bussola e in balia della terza guerra mondiale a pezzi, come l’ha definita Papa Francesco. I Parlamenti possono fare la differenza tra ciò che è giusto perseguire -come il sostegno all’Ucraina aggredita-, e ciò che è doveroso costruire per un pianeta rispettoso della persona e dei suoi diritti, della natura, di chi ha meno opportunità di speranza. Gran finale all’Arena con Il Barbiere di Siviglia. La giusta conclusione con un capolavoro di Rossini: perché i Parlamenti sono la miglior cultura del nostro tempo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova