Il segreto che rende l’economia più forte e più stabile? La fiducia

Non sono i numeri in percentuale e neppure in previsione, ma è la fiducia ciò che rende l’economia più forte e stabile. Perciò l’ultima folata di ottimismo del vento americano sull’Europa -nel secondo trimestre gli Stati Uniti sono cresciuti del 3%, oltre le attese-, autorizza a coltivare buone aspettative sulla prossima e auspicabile riduzione dei tassi d’interesse da parte della Bce.

Se, infatti, la situazione internazionale dell’economia volge verso una normalità ritrovata a fatica e dopo molto tempo a causa soprattutto delle nefaste guerre in corso dall’Ucraina al Medio Oriente, è giunto il momento di aggiustare il tiro degli interventi per stimolare la crescita anche nell’Ue. Che per quasi due anni ha dovuto fare i conti, in senso letterale, con il continuo rialzo dei tassi a Francoforte (una decina di volte, raggiungendo pure un massimo storico).

L’intento di Christine Lagarde, presidente della Bce, era di fermare l’inflazione che cresceva ovunque, per riportarla ai livelli minimi e accettabili. Obiettivo doloroso per tutti -ha significato a lungo meno consumi, mutui e prestiti più cari-, ma alfine raggiunto, come ora confermano in particolare Germania e Spagna con un’inflazione ormai domata. Sotto il 2% per i tedeschi, che ora hanno anch’essi la necessità di far ripartire la locomotiva. Nel secondo trimestre il loro Pil è addirittura diminuito dello 0,1%, contro ogni speranza di ripresa. E la Germania siamo anche noi: rappresenta la prima destinazione per le esportazioni dell’industria manufatturiera italiana. Che le cose stiano cambiando, sull’onda della crescita statunitense, lo segnalano pure le Borse europee, con i nuovi massimi per la prima volta da maggio. Se viene meno il timore della recessione in America, a sua volta alle prese con una delle più incerte elezioni presidenziali degli ultimi anni, l’iniezione di nuova fiducia premia il globale sistema occidentale, incoraggiando investitori e mercati.

Anche l’Italia beneficerebbe del taglio dei tassi, mentre il governo prepara la legge di bilancio, smentendo le voci (“ipotesi senza alcun fondamento”) sul taglio dell’assegno unico per i figli introdotto dal governo-Draghi e mai cancellato. Riguarda 6,6 milioni di famiglie e una platea di 10,7 milioni di ragazzi dalla nascita a 20 anni. Il bonus pesa per 20 miliardi sul bilancio dello Stato. Sul punto, che ha scatenato le proteste del Pd, interviene la stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Per sottolineare che il governo ha aumentato le risorse per il bonus e precisando quale sia, invece, l’unica novità in corso: la “battaglia in Europa”, afferma, “visto che la Commissione ci dice che dovremmo darlo anche ai lavoratori immigrati in Italia, e che di fatto vuol dire uccidere l’assegno unico”.

Proprio oggi il Consiglio dei ministri indicherà ad Ursula von der Leyen il nome del ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, come commissario italiano.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova