Se lo sport ha il potere “di cambiare il mondo, di ispirarlo, di unire le persone”, come diceva Nelson Mandela, i Giochi di Parigi hanno suggellato la bellezza e l’importanza dell’Italia in cammino.
Parla il medagliere: gli Azzurri tornano a casa con un primato di 40 premi conquistati (ma con 2 ori e 3 argenti in più rispetto allo stesso numero di medaglie nella precedente edizione a Tokyo) e il nono posto in classifica. Un doppio passo in avanti rispetto alla decima posizione raggiunta in Giappone e in confronto alla Germania, finita alle nostre spalle.
Ma non di sole e magnifiche vittorie (alzi la mano chi non s’è commosso per il trionfo delle grandiose pallavoliste in finale), può gloriarsi questa Italia sportiva tra le migliori al mondo.
Abbiamo vinto pure l’inesistente medagliere dei quarti e quinti posti. Significa, attenzione, non già essere stati i primi dei perdenti un’altra cinquantina di volte, bensì aver seminato una potenzialità di successi ancora incompiuti, ma pronti a germogliare molto presto.
L’indice di competitività, frutto di un calcolo tortuoso, ma basato su dati concreti, indica che gli Azzurri sono al quarto posto nell’universo.
Analizzando, poi, il risultato dei 17 giorni di gare, di polemiche per arbitraggi scandalosi a nostro danno, di improvvise malattie che ci hanno privato di campioni (dall’assente Jannik Sinner allo sfortunato Gimbo Tamberi, all’atleta di combattimento Vito Dell’Aquila costretto al ritiro), gli Azzurri si sono imposti in ben 20 discipline, “forse come nessuno al mondo”, ha sottolineato il presidente del Coni, Giovanni Malagò. Citando l’esempio contrario di chi s’è affermato grazie a un’unica disciplina, come l’Olanda (quattro ori nel solo canottaggio).
Tra gli italiani la significativa novità di più donne vincenti che uomini (rapporto da 5 a 1). Di ragazze e ragazzi anche figli di stranieri, ma nati o cresciuti in Italia, cioè italianissimi, come abbiamo potuto constatare, condividendo la loro gioia e il canto dell’inno con dolce trasporto.
Nessuno osi più insinuare che Paola Egonu sia un po’ meno italiana di Sergio Mattarella, il nostro presidente della Repubblica che ha seguito le sfide con entusiasmo, e che il 23 settembre riavrà gli atleti e il Tricolore dell’Olimpiade al Quirinale.
Abbiamo, infine, sfatato gli ultimi due tabù: che la pallavolo, sport italiano di eccellenza nel mondo, mai avesse vinto l’oro in un’Olimpiade.
E che, dalla prima edizione ad Atene nel 1896, solo cinque volte fossimo stati medagliati come “squadra”: una nel calcio e quattro nella pallanuoto.
Lo strepitoso 3 a 0 rifilato agli Stati Uniti da una pallavolo femminile da leggenda, testimonia quanto un popolo dall’indiscutibile talento individuale sappia anche unirsi per vincere.
Come le sorelle d’Italia ci hanno insegnato a colpi di schiacciate imparabili, di difese granitiche e di sogni che non muoiono all’alba.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova