Chissà se anche a Strasburgo vale l’antico detto che, chi ben comincia, è a metà dell’opera. Perché la rielezione di Roberta Metsola alla presidenza dell’Europarlamento -unica istituzione eletta dai cittadini-, con un consenso senza precedenti (562 sì su 699 votanti), annuncia due cose incoraggianti per chi coltiva una certa idea dell’Europa.
La prima è che anche l’imminente e parallela rielezione di Ursula von der Leyen all’importante vertice della Commissione potrebbe risultare, giovedì prossimo, meno complicata di quanto temessero gli artefici del “pacchetto” Roberta/Ursula, ossia popolari, socialisti e liberali.
Nonostante le reiterate polemiche ideologiche (ai gruppi radicali di destra e di sinistra la von der Leyen non piace, così come a possibili franchi tiratori perfino dentro il “suo” Ppe), la pragmatica riconferma di Ursula riaccenderebbe subito il motore dell’Unione dei 27.
Con la guerra di Putin in Ucraina, il conflitto in Medio Oriente e il probabile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca con cambio nelle relazioni euroatlantiche (per tacere dell’insidioso enigma cinese), la ripartenza dell’Europa è fondamentale. Il nostro continente è una potenza economica e di civiltà che fatica a trovare un indirizzo politico e una strategia di difesa, cioè che conta molto meno di quanto dovrebbe proprio nell’epoca dei conflitti militari e commerciali nel mondo.
L’altra cosa che suggerisce il travolgente ritorno della maltese Roberta Metsola alla presidenza (l’antagonista spagnola e candidata della sinistra, Irene Montero, ha ottenuto appena 61 preferenze), riguarda il ruolo dell’Italia. La ritrovata presidente ha avuto il voto e perciò il riconoscimento quasi unanime di tutti i partiti del nostro Paese, e lei stessa è una grande amica dell’Italia e parla la nostra lingua.
Nel discorso d’insediamento ha citato come esemplari ben cinque italiani, da De Gasperi a Falcone e Borsellino, dal predecessore alla presidenza, David Sassoli, al ricordo di Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio.
L’aver voluto dare un così grande e pubblico rilievo all’Italia, potrebbe facilitare le trattative tra Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen perché al nostro Paese, che con Germania e Francia fa parte del terzetto-guida dell’Ue, si riconosca il ruolo che merita nel governo europeo, ossia un commissario di peso accompagnato da un vicepresidente esecutivo.
La trattativa passa anche attraverso la possibilità che i conservatori, il gruppo della Meloni, nel segreto dell’urna diano una mano alla riconferma di Ursula (che avrebbe pure il sostegno dei Verdi) per disinnescare il rischio di franchi tiratori tra i popolar-liberal-socialisti.
Un aiuto, però, che potrebbe indispettire Matteo Salvini, l’alleato di governo che vede la von der Leyen come fumo negli occhi.
Conto alla rovescia per “la scelta di Giorgia” tra difficili acrobazie politiche e preminente interesse nazionale.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova