La svolta sull’Ucraina nel G7 presieduto dall’Italia

Per la prima volta un Papa, il nostro Francesco, ha preso parte e parlato al vertice di un G7 -i sette Paesi con le economie più importanti del mondo-, per esortare i politici a fare buon uso dell’intelligenza artificiale, “uno strumento affascinante e tremendo”.

Per la prima volta, e dopo mesi di inconcludenti discussioni, le nazioni più rappresentative dell’Occidente hanno deciso di imprimere una svolta nella riaffermata difesa dell’Ucraina, destinando alla ricostruzione del Paese aggredito 50 miliardi di dollari con un sistema di prestito basato sul prelievo degli interessi sui beni congelati al Paese aggressore. Sarà l’invasore a pagare il prezzo della guerra che ha scatenato.

Ma non per la prima volta il settimo vertice presieduto dall’Italia nella bella Puglia, e che oggi conclude i suoi lavori, ha visto riconoscere al nostro Paese il ruolo internazionale che merita. Come nel 2021 quando Mario Draghi guidò il G20 a Roma, a conferma del paradosso: solo gli italiani sottovalutano il peso e l’incanto universali dell’Italia.

Il riconoscimento è arrivato dagli stessi partecipanti, dal presidente statunitense Joe Biden a quello ucraino Volodymyr Zelensky, all’argentino ed “estraneo” Javier Milei, perché gli incontri sono stati estesi a tutte le istituzioni e i protagonisti del mondo che cambia. Il resto s’è visto con la “politica dei gesti”, gli abbracci, baci e applausi che ha collezionato Giorgia Meloni, la presidente del Consiglio e padrona di casa. Con l’eccezione del baciamano di riparazione da parte di Emmanuel Macron alla nemica Meloni, con cui ha un antico e irrisolto conto di reciproca antipatia politica, da lui riaperta per la mancata esplicita citazione del diritto all’aborto nella bozza. Ma era implicita, ha replicato la padrona di casa all’invadente ospite: si cita il testo G7 del 2023, che conteneva il concetto.

Certo, se la presidente del Consiglio ha potuto far valere l’agenda italiana del piano Mattei per l’Africa e di una “coalizione contro il traffico dei migranti” -così nelle dichiarazioni finali-, se ha potuto contribuire a evocare l’Indo-Pacifico, invocare un accordo in Medio Oriente e rilanciare il nucleare “come fonte di energia pulita”, è anche perché al tavolo dei Grandi lei è l’unica con una fresca vittoria elettorale alle europee.

Tutti gli altri hanno preso una batosta (da Macron a Scholz, al giapponese Kishida) o rischiano di prenderla alle loro prossime elezioni, come il britannico Sunak, il canadese Trudeau e lo stesso Biden.

E poi le gravi insidie nel mondo: il G7 doveva decidere ora o mai più.

Il governo non sprechi, allora, il buon risultato che ha saputo costruire anche negli incontri bilaterali. Un risultato di concordia occidentale ottenuto non in nome di una maggioranza politica (tra l’altro quattro dei sette Grandi sono esponenti di centrosinistra), bensì nell’interesse esclusivo dell’Italia.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova