Se l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, come recita il primo e principale articolo della Costituzione, il reddito di chi produce o, come i pensionati, ha prodotto, disegna ancora e sempre un Paese a due velocità. Prendendo il 2022 come anno d’imposta, i dati diffusi dal ministero dell’Economia sembrano un verdetto, più che un rapporto sullo stato di salute economica dei 42 milioni di contribuenti italiani.
La media nazionale di reddito è di 23.650 euro, ma i più ricchi risiedono in Lombardia (27.890 dichiarati), anche se il Comune più benestante si trova in Liguria: a Portofino i 300 contribuenti vantano un reddito medio di ben 90.610 euro. Nella ricchezza rilevata, seguono il Trentino-Alto Adige, l’Emilia-Romagna e il Lazio.
In compenso in coda allo Stivale non sta solo la sua geografia, ma anche l’economia. In Calabria si viaggia a una media di 17.160 -il minimo registrato-, e altrettanto bassi sono i redditi in Sicilia e Basilicata.
Niente di nuovo sotto il sole del Belpaese: l’irrisolta “questione meridionale” ha lasciato da tempo i racconti della letteratura per entrare di peso nell’agenda politica. E l’aspetto dei redditi (e del costo della vita) più bassi o molto più bassi che in altre aree del Paese, è una delle ragioni che rendono quelle regioni al centro dell’attenzione nazionale e di un’altra “questione” nel frattempo sviluppatasi: la questione settentrionale. In che modo la potente locomotiva del Nord industrializzato può realizzare al meglio la propria intraprendenza e allo stesso tempo trainare e far germogliare il meglio delle risorse che abbondano in tutto il Paese. A cominciare proprio da quel nostro Mezzogiorno penalizzato da una lunga e vecchia storia di politiche assistenzialiste, investimenti sbagliati e grave carenza o mal funzionamento delle più importanti infrastrutture. Bastino le ricorrenti polemiche sulle reti idriche che perdono acqua o sul Ponte sullo Stretto di cui si parla, purtroppo a vanvera, da almeno mezzo secolo. Ma l’acqua e i trasporti sono da soli fattore di sviluppo interno e internazionale, perché favoriscono e creano anche turismo. Altra grande opportunità di rilancio per tutto il Meridione, altro spreco infinito della politica verbosa e inconcludente, che da anni non riesce a riportare l’Italia a ciò che era: il Paese più visitato al mondo. Oggi siamo solo al quinto posto, ma sempre al primo come mèta “più sognata” dagli stranieri. Dunque, non è colpa loro, ma nostra, se non arrivano nei numeri sperati.
La disparità dei redditi rivela un’ingiustizia tra cittadini italiani che vivono nella stessa Nazione e spiega quanto sia importante l’aver introdotto i “livelli essenziali di prestazioni” uguali sull’intero territorio nazionale nella riforma sull’autonomia differenziata. Uniti nella diversità. E’ la conferma di quanto sia indissolubile il legame tra questione meridionale e settentrionale.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova