“Abbiamo fatto la storia”, ha esultato Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo. “E’ un compromesso inaccettabile”, ha invece replicato il Pd, in difformità dal suo gruppo socialista.
In realtà, il nuovo “Patto sui migranti” che gli eurodeputati hanno approvato dopo dieci anni di proposte inconcludenti, si presenta come una pragmatica via di mezzo tra i due eccessi appena riferiti. Quello della cosiddetta maggioranza Ursula e trasversale a popolari, socialisti e liberali, che credono d’aver fatto la rivoluzione. E l’eccesso contrario, di chi considera la novità peggiore dell’anarchia e dell’indifferenza con cui l’Europa ha finora affrontato il fenomeno delle migrazioni.
Certo, l’accordo non tocca l’anacronistico regolamento di Dublino, che da 10 anni impone al Paese di primo ingresso di un richiedente asilo la responsabilità del caso. Con ciò penalizzando gravemente le nazioni del Mediterraneo, e in particolare l’Italia, visti i flussi incessanti che arrivano via mare dall’Africa.
Tuttavia, nell’impossibilità di trovare l’intesa necessaria per andare alla radice, cioè a Dublino, della grande e irrisolta questione, questo patto almeno cambia la politica migratoria del continente su importanti aspetti.
Il primo: si introduce il principio della solidarietà obbligatoria tra gli Stati membri. Ora dovranno scegliere se ricollocare migranti nel loro territorio, dare contributi finanziari o fornire sostegno operativo al Paese di accoglienza. Si prevede, inoltre, una procedura di rimpatrio accelerato per chi non ha diritto a restare in Europa. Si dà vita a una banca-dati comunitaria per identificare con impronte, fotografie e dati biometrici chi arriva nell’Ue. Si rafforzano i controlli ai confini esterni e l’intervento dell’Ue nell’eventualità di una “situazione di crisi” del Paese accogliente.
“Un equilibrio tra solidarietà e responsabilità”, sottolinea Roberta Metsola, indicando il “solido quadro legislativo” che è stato creato “per gestire la migrazione e l’asilo nell’Ue”.
Un quadro che, invece, secondo gli oppositori e gli eurodeputati del Pd contrasterebbe con i diritti umani, avrebbe un “approccio securitario” e non farebbe gli interessi dell’Italia, perché “non si supera Dublino”. Critico anche il M5S e delusione fra le organizzazioni non governative, così come -ma per ragioni molto diverse- tra sovranisti e conservatori, che parlano di “patto immigrazionista e nocivo”.
Se la Lega ha votato un secco no, Fratelli d’Italia ha detto sì ad alcuni aspetti di un testo sostenuto con convinzione da Forza Italia, e che ora va all’approvazione definitiva del Consiglio Ue dei 27 Stati.
“Adesso nessun Paesi sarà lasciato solo”, sottolinea Ursula von der Leyen, presidente della Commissione.
Non è una svolta, ma è un evidente cambiamento. Anche se il giudizio dei partiti si divide, perché in fondo tutti già si sentono in campagna elettorale per Strasburgo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova