Sono passati cent’anni, ma sembra ieri. Sembra ieri per il popolo armeno, che si accinge a ricordare, il 24 aprile, l’inizio del massacro di un milione e mezzo di persone subìto durante la Grande Guerra ad opera dei “giovani turchi”, mentre tramontava l’impero ottomano. Sembra ieri per la Turchia di oggi, che contesta con durezza (“calunnie”) l’uso del termine genocidio per quella tragedia e perciò attacca il Papa per averlo pronunciato. Sembra ieri per il mondo che guarda e che si barcamena, un po’ sorvolando su una contesa ancora scottante, un po’ esortando Ankara ad abbassare il volume di una polemica priva di senso (“toni ingiustificati”, ha detto il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in difesa indiretta del pontefice). Ma Francesco ha parlato del “primo genocidio del XX secolo” a proposito degli armeni non solo perché dice sempre quello che pensa a costo di non essere diplomatico -e in questo caso di sicuro non lo è stato-, ma soprattutto come monito universale: mai più si ripetano gli orrori del Ventesimo secolo, nazismo, stalinismo, massacri in Ruanda, Bosnia e altrove compresi e anch’essi citati. Un riferimento concreto alle terribili persecuzioni in corso soprattutto contro i cristiani in varie parti del globo. Dunque, nessun intento del Papa di infilarsi in un evento ormai consegnato alla storia. Solo il desiderio che tutti imparino la lezione della storia: basta eccidi. Visto, oltretutto, che l’epoca presente pare molto distratta, e troppi martiri contemporanei lo testimoniano.
Eppure, l’invocazione alla verità e alla riconciliazione per fatti lontani nel tempo, è stata subito interpretata dalla Turchia, che sul tema ha i nervi scoperti, come un’incursione in sede storiografica o addirittura politica. Da qui la scelta di richiamare il proprio ambasciatore dalla Santa Sede, trasformando il monito pastorale in affronto nazionale, e questionando sul valore giuridico della parola “genocidio”. Ma il Papa non fa il glottologo, né il giurista. La sua ribadita richiesta di semplice e franca “verità” è un messaggio al cuore dei governanti perché fermino i massacri di oggi, non già perché riscrivano la storia di ieri. Sulla quale, peraltro, il nuovo e cauto sottosegretario, Sandro Gozzi, considera “inopportuno” che il governo italiano prenda posizione.
Guai a mescolare storia e politica. Ma che ogni nazione faccia i conti sereni e onesti con la propria storia. Specie se vuole far parte dell’Europa di oggi, che si è pacificata con se stessa.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi