Lo scambio di auguri fra le più alte cariche dello Stato non era certo il momento, né il Quirinale il luogo, per capire che ne sarà della riforma che proprio una di queste autorità -il presidente del Consiglio- punta a far eleggere dal popolo. Così come ha poco senso correre dietro alle parole, e soprattutto ai silenzi del capo dello Stato, Sergio Mattarella, sul grande tema che riguarda anche il suo ruolo istituzionale. Se è vero, infatti, che il testo del governo non tocca le prerogative del presidente della Repubblica (se si esclude la prospettata abolizione dei senatori a vita, potere, dunque, che il Colle non potrebbe più esercitare), un capo del governo votato dagli italiani avrebbe un’investitura più forte, e sarebbe perciò predominante, rispetto a un presidente della Repubblica eletto dal Parlamento.
Del resto, di recente l’ha detto lo stesso presidente del Senato, Ignazio La Russa. Dopo aver premesso la sua predilezione per l’elezione diretta per il Quirinale, anziché per Palazzo Chigi (e dal punto di vista politico-istituzionale La Russa non sbaglia: il mondo è pieno di capi di Stato eletti dai cittadini, ma in nessun Paese si elegge il primo ministro), ha pure aggiunto che la riforma del governo finirà per riportare il presidente della Repubblica nell’alveo dei suoi poteri originari. Poteri dai quali il Colle ha dovuto esorbitare, nel corso degli anni, per il vuoto della politica. Se la politica non decide, ecco l’intervento sostitutivo del presidente della Repubblica, posto che l’Italia ha inderogabili impegni nazionali e internazionali. Si prefigura, dunque e invece, un presidente imbrigliato.
Ma nell’attesa della riforma, nel suo saluto Mattarella ha ricordato che “equilibrio dei poteri e ruolo del Parlamento sono garanzia di libertà”.
“Equilibrio”: è questo l’architrave di qualsivoglia novità presidenziale, che deve conformarsi all’articolo 1 della Costituzione. Dove il tema della sovranità, “che appartiene al popolo”, è contemperato al suo esercizio “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La volontà degli italiani davanti a tutto, ma non è una volontà senza limiti. Pesi e contrappesi.
La questione principale che le Camere dovranno stabilire nell’esaminare la riforma del governo sta proprio nei “paletti”: come dare la parola ai cittadini e porre fine all’onorevole trasformismo senza, però, depauperare il ruolo del Parlamento a tutela della libertà, e quello del Quirinale a presidio dell’unità nazionale. Innovare nell’armonia costituzionale.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova