Non è un fenomeno italiano, ma europeo. Né la preoccupante e perdurante tensione sui mercati dipende dalle decisioni del governo, bensì dalle inquietudini per il mantenimento a lungo dei tassi alti da parte della Bce (dieci aumenti in successione pur di frenare l’inflazione) e per il prossimo possibile rialzo della Fed.
Fatto è che il frutto delle politiche bancarie ed economiche, il loro inevitabile incrociarsi a livello globale e il clima di generale attesa all’insegna dell’incertezza ieri hanno fatto della Borsa di Milano la peggiore nell’Ue (ha ceduto lo 0,8%) e il differenziale fra l’Italia e la Germania ai massimi della giornata: tra i 191 e 192 punti base.
Non siamo all’allarme, tantomeno rosso. Nel 2011, si ricorderà, lo spread raggiunse il primato di 574 punti contribuendo alla caduta del quarto governo-Berlusconi e alla nascita di un esecutivo di pronto intervento, guidato da Mario Monti col sostegno di un’ampia e trasversale coalizione.
Però il campanellino che torna a suonare va ascoltato con attenzione. Ascoltato e non alimentato, nell’ora della legge di bilancio, con provvedimenti lontani dalle forti aspettative di riforme che si coltivano in Italia e a Bruxelles. O con inutili e impotenti sfide verbali contro l’Europa.
Perché anche la politica con le sue scelte, o non-scelte, può contribuire a “innervosire i mercati”, come dicono gli esperti, con gli effetti già provati.
Questo non significa per il governo e per il Parlamento della sovrana Repubblica italiana rinunciare a un’autonoma e orgogliosa strategia politico-economica. Non sono ovviamente i mercati, sono i cittadini italiani con le loro esigenze a dover ispirare il cammino di Palazzo Chigi e il percorso legislativo delle Camere. Ma in armonia, e non in barba, al mondo di cui facciamo parte, e dal quale è impossibile scendere o isolarsi.
La solitudine è il male, tant’è che il governo accusa l’Ue proprio di averci lasciato soli sull’immigrazione e la Bce, con i suoi controversi aumenti consecutivi, di non aver fatto i conti con le pesanti conseguenze per famiglie e imprese, cominciando dai mutui più elevati per tutti.
Giusto alzare sempre la voce nell’interesse nazionale. Ma per costruire più fiducia e maggiore credibilità nell’Italia, non per il suo contrario.
Per la campagna elettorale c’è tempo. Ora è il momento di una seria legge di bilancio, anche per non dare pretesti ai suonatori di campanelli.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi