Ma quanto costa l’autonomia differenziata? E’ il grande interrogativo, ancora senza risposta, per cui è stato istituito il cosiddetto Comitato per i Lep -livelli essenziali di prestazione da garantire sull’intero territorio nazionale- e che ora ha portato alle dimissioni di quattro importanti componenti: gli ex presidenti della Corte Costituzionale, Giuliano Amato e Franco Gallo, l’ex presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, e l’ex ministro della Funzione pubblica, Franco Bassanini.
Due sono le ragioni principali del polemico addio: il disaccordo su come individuare le finanze necessarie per attuare le riforme e il ruolo marginale lasciato al Parlamento. I quattro sottolineano che sono stati respinti i correttivi proposti per salvaguardare i “diritti civili e sociali” in tutta Italia e per evitare che l’autonomia possa pesare a dismisura sulle casse dello Stato. E poi a chi dare l’ultima parola sui Lep? Non al governo, com’è oggi previsto, ma al Parlamento, essi avevano chiesto invano.
Le opposizioni, che da tempo contestano il disegno di legge del ministro per gli Affari regionali, il leghista Roberto Calderoli, colgono lo spunto della spaccatura -che è comunque clamorosa, perché avvenuta in una commissione non di natura politica, bensì tecnica-, per attaccare.
“Una pietra tombale sulla riforma”, dice Francesco Boccia (Pd). “Schiaffo da ko a una riforma sbagliata”, afferma Mara Carfagna (Azione).
Lo scontro politico è scontato, ma non incide sulla necessità nell’interesse di tutti di un confronto vero sul testo che concede alle Regioni richiedenti, come il Veneto e la Lombardia, 23 materie oggi prerogativa dello Stato.
Gli stessi dimissionari precisano di essere “pienamente consapevoli dell’importanza che avrebbe per il Paese una completa e corretta attuazione” di quanto la stessa Costituzione prevede.
Ma proprio perché l’autonomia è una scelta di rilievo e può diventare un’opportunità per le Regioni e una risorsa per lo Stato, il merito e il metodo di una tanto significativa riforma non sono forma: sono sostanza. Come ha più volte ricordato il capo dello Stato, Sergio Mattarella, il percorso autonomistico che il Parlamento sta esaminando, dev’essere in armonia con i principi unitari e indivisibili della Repubblica.
A parole sono tutti d’accordo. Ma metterlo nero su bianco è un po’ più complicato, come le dimissioni testimoniano e le polemiche confermano.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi