Se una madre, in lacrime, chiede perdono alla famiglia della vittima “per aver fatto un figlio così”, cioè “un mostro” come lei stessa lo chiama, è chiaro che l’ennesimo femminicidio a cui la povera signora si riferisce purtroppo conferma quanto da tempo e da troppe donne uccise s’era già capito: non bastano le leggi né i codici rossi per arginare il fenomeno di uomini che uccidono le loro mogli, compagne o conoscenti (attuali o ex). L’arresto dei colpevoli e la loro punizione sono il minimo che si richieda a uno Stato di diritto e a un Parlamento consapevole di dover legiferare sul tema, come il nostro ha fatto e di sicuro continuerà a fare.
Ma con ogni evidenza, l’evidenza di una donna ammazzata da un maschio, in media, ogni tre giorni, la legge e i processi sono elementi insufficienti per la deterrenza, ossia per scoraggiare i violenti dal compiere delitti.
L’ultima vicenda che ha sconvolto l’Italia, e che ha fatto finire in carcere Alessandro Impagnatiello per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano incinta di sette mesi, dimostra che il male oscuro viene da lontano. E che una società ha il dovere di sradicarlo anche scavando nell’approccio malato-criminale di certi rapporti fra uomo e donna.
Le leggi aiutano, indirizzano, tutelano. Ma se una mamma disperata arriva a disconoscere il figlio che ha generato, tanto forte sente il dolore subìto fra l’amore che gli ha trasmesso fin dalla nascita e l’irriconoscibile orrore del gesto da lui compiuto, è ora di domandarsi che si può fare per non vedere più altre madri, dell’accusato e della sua vittima, che piangono.
Per non leggere più i preoccupati rapporti del Senato della Repubblica sul vuoto che può aver provocato anche l’impatto del digitale nel dopo-Covid, cioè le regole della piazza virtuale che prendono il posto di quelle dell’esistenza reale nella testa e nel cuore dei ragazzi più fragili o lasciati soli. Interroghiamoci, allora, sul come far assolvere alle famiglie e alla scuola il compito di educare i giovani a colmare ogni vuoto. Anche il vuoto di chi non coglie l’importanza di un valore: il rispetto fra le persone. Piccole, ma decisive cose, che nel tempo fanno cambiare il mondo.
C’è una grande e irrisolta questione generale, e non solo italiana, sulla parità di genere che va ben oltre l’aspetto economico e di lavoro. Insegnanti e psicologi, legislatori e Istituzioni, ma soprattutto ciascuno di noi può dare e fare qualcosa per seminare un po’ di bene nel male oscuro.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi