Cambia il colore dei governi e il nome dei presidenti del Consiglio, ma il rituale della manovra resta uguale per tutti. Come da copione, nel gioco delle parti l’esecutivo esorta i gruppi parlamentari, a cominciare da quello della propria maggioranza, a presentare pochi e non stravolgenti emendamenti alla legge di bilancio. E le opposizioni rispondono come sempre hanno fatto, cioè incolpando il governo del ritardo e della confusione regnanti, il “caos più totale di relatori, pareri e riformulazioni”, come dice il M5S.
Dal governo l’ombra dell’esercizio provvisorio è evocata come un monito per poter, cioè per dover richiedere un possibile voto di fiducia con l’obiettivo di accelerare i tempi e rispettare la data del 31 dicembre. Dalle opposizioni il comportamento del governo è, invece, bollato come incapace nel fare il proprio dovere. E così si susseguono riunioni, diurne e notturne, di commissioni che faticano a trovare un punto d’incontro fra esigenze opposte, norme che saltano, rinvii e polemiche.
Ma a prescindere dalle responsabilità che maggioranza e opposizioni si scambiano, i margini sono stretti per tutti, nel metodo e nel merito.
Nel metodo sono le stesse procedure parlamentari e istituzionali, e non da oggi, a rendere complicato il proficuo confronto sulla legge di bilancio, consentendo alle opposizioni di incidere sulla manovra e al governo di decidere entro i tempi necessari. A ciò s’aggiunga che l’esecutivo è nato da soli due mesi, pur con grandi promesse di cambiamento.
Ma qui subentra la questione del merito, ossia il contenuto della legge di bilancio che, al di là dei proclami nella campagna elettorale, finisce per somigliare molto alle manovre che l’hanno preceduta e a quelle che ne seguiranno. Perché ormai esiste un quadro di principi e di soluzioni comuni che regola la politica economica dei Paesi nell’Unione europea all’insegna del pragmatismo nelle scelte dei loro governi.
Miracoli di tassazioni minime per tutti o di pensioni raddoppiate d’incanto non sono contemplati. Alla fine anche la manovra deve “fare i conti” con la concretezza di come sostenere le famiglie e le imprese di fronte alla crisi energetica e all’inflazione, e quali accenni di riforma si possano ragionevolmente introdurre sul fisco, e quali risorse destinare alla sanità e alla difesa, alla scuola e alla cultura, agli enti locali. Il rituale del realismo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi